La Lezione della Saggia Civetta

In una terra lontana, c’era una bellissima foresta, illuminata dalla luce della luna e piena di suoni di foglie che frusciavano dolcemente e di chiacchiere allegre degli animali. Tra tutti gli alberi si ergeva il più vecchio; il suo tronco era molto largo, i suoi rami si estendevano come lunghe braccia e la sua cima sembrava toccare le stelle nel cielo. In questo albero viveva una saggia civetta anziana. Ogni notte, mentre gli altri animali dormivano, Ollie la Civetta volava sopra la foresta e dava consigli a chiunque ne avesse bisogno.

“Buona notte!” dicevano tutti ogni sera quando usciva dalla sua casa, e “Buona notte!” rispondevano tutti quando lo sentivano dirlo. Le scoiattoline chiacchieravano e dicevano: “Buona notte!” mentre passava. Ma quella parola era l’ultima che molti onesti animaletti dicevano prima di sdraiarsi a dormire, e più di una volta i boscaioli che passavano sotto l’albero avevano udito coraggiosi soldati, e gentili signore, e buoni e seri ministri benedire il suo nome. Ogni anno il usignolo veniva a cantargli, dalla primavera fino all’autunno, un “Buona notte”, e le damigelle volanti avevano fatto molti viaggi per portargli anellini con “Buona notte!” attorno alle orecchie. Verso la fine dell’estate molti messaggeri arrivavano, carichi di “Buona notte!” da parte dei dotti che pensavano potesse essere utile nella scrittura dei loro libri. Poi, naturalmente, Ollie diceva “Buongiorno!” a tutti loro. Ma l’ultimo era sempre un “Buona notte!” perché gli altri erano “fuori stagione”. Nulla lo rallegrava di più di una visita di chiunque potesse donargli la luce della sua saggezza. Era il suo maggiore piacere. Così, quando il mondo animale decise di organizzare una piccola visita da lui, e considerò come fare, sembrava davvero poco conveniente.

Nella notte prima della visita, un piccolo gruppo di giovani orecchie si trovava tremante e in ansia al pensiero di osare tanto da bussare alla sua porta. “Credi che ci parlerà?” disse il signor Tasso. “È un’anima di buon carattere,” osservò il saggio. “Ma penso che accadrà qualcosa di molto strano. Non credo che dovremmo presumere di disturbarlo.”

Proprio mentre lo diceva, Ollie apparve davanti a loro. “Come va?” disse. “Cosa vi porta? È la pioggia?”

Tutti i giovani animali rimasero stupiti. “Per augurarti buona notte,” volevano dire, ma si sentirono troppo timidi per farlo. “Non siate così timidi,” continuò Ollie, notando il comportamento dei piccoletti. “Non è necessario che parliate tutti insieme. Sono molto vecchio, sapete, e ho ascoltato così tanto nel mio tempo, che sentirvi parlare tutti assieme non mi disturba tanto quanto se lo sentissi la mattina presto.”

“Io—Io—ah—chiedo scusa, Ollie,” disse il signor Scoiattolo, riprendendosi con uno sforzo. “Stavamo solo discutendo se, proprio stasera, di tutte le sere quando sei così gentile da farci visita, vorremmo correre e rendere la tua casa un po’ più tua. Se ci dai solo la tua risposta, non ti disturberemo stasera né mandando qualcuno, né venendo noi stessi, ma solo per garantirci.”

Ma non serviva dire nulla a Ollie. Nulla lo sorprendeva affatto, e continuò ad ascoltarli nel mezzo della foresta, dove stavano parlando, come prima.

“ miei buoni amici,” disse infine, “questo è davvero un argomento di grande importanza. Come posso darvi una risposta?”

Gli animali si guardarono l’un l’altro in totale confusione. E mentre si guardavano, videro attorno a loro nessun’altra luce se non quella della luna che brillava pallidamente su di loro attraverso le foglie, e diritta da quel lato in mille piccoli punti di luce sul terreno. Era una incantevole notte estiva, eppure un certo senso di decenza li tratteneva dal ballare. Tale era l’impressione che Ollie la Civetta suscitava, così poco, proprio così poco, di quello che era, dopo tanti giorni di sosta tranquilla con abiti bianchi e immacolati; proprio come ho detto almeno un centinaio di volte prima.

“ miei buoni amici, questo è davvero un argomento di grande importanza. Come posso darvi una risposta?” “Pensate che non sarebbe meglio che correrò a casa mia?” disse Ollie. “Al posto in questione? Ma quel terremoto vicino al mio albero?—Ah, non mi lascerete farlo? La verità è che non sono un filosofo, ma l’idea di esserlo mi piacerebbe sempre, e, sembra che un filosofo debba farlo senza fallo. L’albero è una piccola cosa. Se mi permettete di farlo, porterò giù dei piatti nuovi. Porterò un bicchiere che ho sempre tenuto avvolto fuori; ma in questo clima tende a diventare un po’ opaco un giorno e un po’ più luminoso il giorno dopo. Se mi lasciate un po’ di tempo, devo partire subito dalla vostra casa, ma sapete ovviamente voi stessi—non è vero?—che la cosa reale è, prima si dissolve in milioni di piccole particelle, meglio è. Ma posso anche andare da solo, se me lo permettete. I migliori fuochi d’artificio bisogna prenderseli cura da soli; o se no——“ Qui fermarono Ollie nel mezzo di una frase, e non udirono altro. Certo era però che l’uomo che cercava di manifestarsi in quel momento, era insensato e ritenuto in modo marcato.

Ma pensò a tutte queste cose, il signor Picchio disse che avevano avuto un certo influsso. Così “Buona notte!” fu detto coraggiosamente prima da uno, poi da un altro, e infine da tutti. E così le felici e spensierate creature si affrettarono a tornare a casa, sentendosi distintamente tutti, che Ollie la Civetta doveva essere un eccellente tipo di compagno.

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