La Saggia Civetta e il Cornacchia Sciocco

Mentre il crepuscolo cominciava a calare, una Saggia Civetta stava sbattendo le palpebre nel foro di una alta quercia. Stava per addormentarsi e aveva già chiuso gli occhi quando all’improvviso udì un rumore sotto di lei e, alzando lo sguardo, vide una cornacchia sciocca saltellare nervosamente da un piede all’altro e sembrava stesse parlando con lei.

“Buona sera a te, Signora Civetta,” gracchiò la Cornacchia. “Sei un uccello molto fortunato; posso chiederti perché non vai mai ad attingere acqua per bere?”

“Cosa intendi dire?” disse la Civetta. “Perché non dovrei andare all’acqua per bere?”

“Oh, ora che ne parli,” disse la Cornacchia, “sono molto contenta che tu abbia occhi così buoni da poter vedere dove stai andando, ma io stessa non vedo mai chiaramente finché non mi avvicino molto all’acqua, e spesso sono quasi caduta dentro prima di poter vedere il colore delle pietre sul fondo. Ma tu, ovviamente, non hai questa difficoltà.”

“Nessuna,” disse la Civetta.

“Allora perché,” continuò la Cornacchia, “bevi alla fontana che si trova ai piedi della collina invece di andare alla sorgente che è in cima?”

“Preferisco l’acqua in cima,” disse tranquillamente la Civetta.

“Cosa hai detto?” urlò la Cornacchia.

“Ho detto,” rispose gentilmente la Civetta, “che preferisco l’acqua della fontana ai piedi della collina.”

“Oh! Preferisci quella, vero?” gracchiò la Cornacchia ad alta voce. “Beh, davvero non si può spiegare il gusto.”

Poi la Cornacchia gracchiò senza prestarle attenzione, e la Civetta sbatté le palpebre e dormì, sentendo solo ciò che la Cornacchia si compiacente di dire.

“Tuttavia,” disse la Cornacchia, “è fortunato per te che il contadino ammira così tanto il cattivo granturco da scartarlo, altrimenti potresti cercare invano il tuo buon cibo ogni notte. È anche fortunato per te che la ragazza sia così svampita da lasciare in giro il secchio per mungere di sua madre, altrimenti la tua riflessione sarebbe prima o poi vista sul fondo e potresti cadere guardandola.”

A questo la Civetta si svegliò e gridò con un certo aspro, “Chi? Chi? Chi? Chi sei tu?”

“Non sono io?” disse la Cornacchia.

“Non posso dirlo perché non ti vedo facilmente. Saltella un po’ più vicino.”

Così la sciocca Cornacchia saltò un passo più vicino e gracchiò, “Non sono io? Non sono io?”

“Chi? Chi? Chi? Non sono io cosa?”

“Non cosa,” disse la Cornacchia. “Non cosa.”

Allora la Civetta allungò la testa e ululò nel suo tono abituale, “Tuu-tuuh!”

E la sciocca Cornacchia saltò più vicino e si posizionò inconsapevolmente tra due grandi pietre, mentre la saggia vecchia Civetta si riaddormentò.

La mattina seguente, il contadino uscì e due giovani uomini vennero con lui e tutti insieme andarono a ispezionare il campo, e all’improvviso uno di loro sollevò una grande pietra e disse, “Oh, guarda; ecco una piccola gamba nera sotto di essa.”

“Si, e qui c’è un’ala,” disse il secondo.

Così corsero in fretta verso casa e il contadino andò nel pollaio, e gli uomini dietro di lui, mentre il bambino uscì di casa con la voce che piangeva, e rimasero tutti insieme vicino al secchio di farina.

Il giorno successivo, due cornacchie erano sedute a parlare nell’angolo più lontano del cortile.

“Beh, hai sentito che caduta ha avuto la nostra amica dalla conversazione del contadino malato ieri?” chiese una.

“Si, sembrava un po’ più vicina del solito, ma non ho sentito i dettagli.”

“È morta comunque,” disse il primo. “Dai, devo proiettare nel nostro stagno le parole del vecchio contadino, `Una civetta non va alla fontana in cima alla collina quando c’è abbondanza d’acqua qui sotto.’”

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