“È tutto pronto?” esclamò Tina la tartaruga, sporgendo la testa dal suo guscio in una splendida giornata di sole.
“Sì, sì!” gridò la sua famiglia.
“Allora è ora di andare alla riva del fiume,” disse.
E via che si incamminarono insieme: Papà e Mamma Tartuga in testa; poi, a coppie, Zio e Zia, e Fratello, Sorella e Cugino Carlo, e infine la piccola Tina, che portava il suo grande cestino di paglia marrone!
“Oh, non ci divertiremo un mondo alla riva del fiume,” disse Sorella. “Pensa al cibo delizioso che Tina tirerà fuori dal cestino.”
“Non vedrete l’ora di arrivare,” rispose Tina, sorridendo tra sé.
Quando arrivarono alla riva del fiume, Tina spiegò come sedersi al meglio. Poi stese la tovaglia che aveva portato nel cestino e sistemò tutti i piatti, le torte appena sfornate, i frutti e i cioccolatini sopra; e poi danzò una breve danza di gioia attorno alla sua famiglia.
“Ho portato a tutti voi questo bel pic-nic,” disse, rivolgendo la parola a Zio e Zia, Fratello e Sorella, e Cugino Carlo, “perché siete stati così gentili e vi siete presi cura di me mentre mi riprendevo dalla mia piccola malattia quest’estate.”
Poi si arrampicò sul tavolo e disse:
“Ora vi leggerò un piccolo discorso che ho scritto qui nel mio cestino.” E aprendo un libretto, lo alzò con coraggio e disse:
“Buongiorno, buongiorno, caro Zio e cara Zia. Buongiorno, buongiorno, caro Fratello, Sorella e Cugino Carlo. Siamo venuti domenica scorsa” –la settimana prima– “in un bel pic-nic a questa bellissima riva del fiume, dove una leggera brezza soffia dolcemente dall’acqua fresca nei nostri volti, e un albero ci offre una bella ombreggiatura. È vero che le nostre forme non sono alte o robuste come quelle di altri, ma non credete che, messe con la parte superiore verso l’alto, potrebbero servire ai pescatori di sughero?”
“Chi avrebbe mai pensato che un pic-nic potesse entrare in una forma così dignitosa e venire racchiuso in un discorso tanto solenne,” non poté fare a meno di dire Zio Tartuga.
“Questo perché Tina è malata,” osservò Mamma Tartuga, con dolcezza. “Quindi dobbiamo tutti cercare di fare il massimo di tutto e goderci il pic-nic il più possibile.”
“Ah, ah, questo è un discorso divertente,” esclamò Sorella, ridendo.
Poi mangiarono e bevvero mentre Tina girava a versare il tè dal piccolo teiera nelle tazzine, e Master Tartuga, il padre, e Zio e Zia, e Cugino Carlo giocarono a indovinare i pezzi di legna da ardere ridotti in poltiglia, così passarono un pic-nic così allegro sotto il loro grande ombrello marrone, arenato nella sabbia e bloccato da una corda di alghe marine.
Ma alla fine Cugino Carlo si addormentò e Master e Missus Tartuga, Zio e Zia, e Fratello e Sorella Tartuga cominciarono a darsi gomitate e a strizzare gli occhi l’uno all’altro, così Papà e Mamma, e Zio e Zia Tartuga dissero: “Beh, è stato un pic-nic piacevole, e ora dobbiamo tornare a casa,” e via che si incamminarono, con la piccola Tina che seguiva. “Ma dove è Carlo?” dissero dopo qualche minuto.
“Oh, non lo so,” disse Tina, sporgendo la testa dal suo guscio.
“E non lo sappiamo con certezza,” disse Papà Tartuga, “ma credo sia rimasto indietro a farsi pulire gli stivali sulla pietra laggiù. Tuttavia, Zia e io ci faremo un giro e lo recupereremo.”
E via che si incamminarono, mezzi addormentati, mentre la piccola Tina cominciò a cantare allegramente mentre camminavano lungo il fiume verso casa.
“Chioccia, chioccia, chioccia!” strillò il suo vecchio amico il gufo, posato proprio sopra di lei su un albero.
“Cosa ti fa gridare in questo modo?” chiese Tina.
“Mah, un sacco di cose: pioggia, vento, neve e bruscolini; ma non importa quale sia ora,” rispose il gufo, “perché voglio parlarti.”
“Parlarmi! Di cosa?” disse la piccola tartaruga.
“Voglio dire, ahimè e uffa, se solo Carlo avesse avuto addosso degli stivali ben lucidi quando si è addormentato laggiù, sarebbe stato riportato a casa tutto al sicuro da Zio e Zia, e Papà e Mamma,” strillò il vecchio gufo, annidando il suo capo tra le ali in modo patetico.
“Ma non li aveva e questo è il motivo per cui ora li vedi andar via, mezzi addormentati, verso casa senza di lui,” e via che volò il gufo sbattendo le sue grandi ali e svegliando tutti gli altri attorno alla riva del fiume mentre volava.
Ora Deedee Anatra si sedette sul bordo, sperando di stupire il vecchio gufo sbattendo le sue ali sopra il suo umile corpo rotondo.
“Papà Anatra, svolazzante e ciondolante,
Proprietà quasi tutta sabbiosa.
Piume ‘di anatra’
Fanno letti di fama
È per queste cose
Che tiriamo le… corde,”
e, come il gufo prima, allungando il collo ben oltre le ali iniziò a dondolarsi e addormentarsi accoccolandosi in modo attraente.
Ma ignara di ciò, quel famoso giovane, il nostro vecchio amico Sinclair, passava sulle sue eleganti e aggraziate pattini. Così, dopo averla osservata per un po’, lanciò un piccolo ciottolo proprio ai suoi piedi.
“Oh la, mi bagnerei tutto!” disse, cadendo a faccia in giù nel fiume.
“Come ti piace il mio affresco in uno stagno per anatre?” esclamò Sinclair scivolando delicatamente sopra di lei, uscendo dall’acqua sporca e ferita, mentre scivolava via con un “chioccia, chioccia”. Ma Deedee non perse un secondo quella sera nell’indossare i guanti da boxe di qualche papà e un cappello di gomma di sicurezza per i soldati per le fasce di panno che erano temute durante una ‘brutta sosta’ in questa vacanza sulla riva familiare; andò a lato dicendo alla sua amica, la marea regina, quanto fosse stata ansiosa riguardo agli stivali di Carlo.
“Ma Carlo non è ancora tornato da quella terribile riva del fiume,” disse dolcemente la Regina-Ebb.
“Oh, so che non sto piangendo! ah-ah-ah!” rise Deedee, che aveva quasi deciso di chiederle di andare a letto.
Poi un orribile stormo di gocce di pioggia cominciò a battere giù nello stagno per anatre fradicio “ma che cos’è questo?” chiese Deedee alla sua amica, che credeva nei coolie sulle Pozze e il Ponte di Osaka, che aveva la vista più strana di tutti mentre giaceva sul fianco in fondo all’acqua.
“O, non aprire la bocca. il nostro entrepot e ossa caliper-interior, ci terrà tutti asciutti!” fu la risposta che ricevette. “Oh, ecco Cugino Carlo,” disse, sporgendo la testa sopra l’acqua delle vecchie bottiglie che i pescatori avevano gettato sul fondo.
Sì, c’era Cugino Carlo, che tornava lentamente a casa nel suo letto di fiume natale tra le braccia di suo zio e della sua nonna.