La Radura Magica

Devo raccontarvi di un’avventura che ho avuto ieri sera; è storia ormai, e fatico a credere che possa essere davvero accaduta. Non era un sogno, anche se aveva tutte le sensazioni di un sogno. Ero immersa in pensieri piacevoli apparentemente senza fine, quando mi trovai in un luogo incantato: non riesco a dire come ci arrivai. Strano a dirsi, ora posso ricordare gli eventi, ma solo quando li ripeto.

Ecco alcuni di essi. Ero in una radura di una foresta eterea, dove a ogni senso era addomesticata e accordata l’armonia più squisita. Sentivo le gocce d’acqua che cadevano dagli alberi mentre la rugiada scendeva a mezzogiorno, e il lamento dei rami sopra di me, con il loro peso di gioielli. La luna, quella regina di ammirazione, flottava sopra di me circondata da colori vividamente brillanti, cremisi, arancio, oro, verde e ogni tonalità che tinge l’atmosfera. Questi insieme producevano suoni indescrivibilmente musicali. Un amore puro penetrava il mio intero essere. Era in una radura o tra le stelle? Non lo potevo dire.

Suonavo e cantavo, e la mia musica veniva dolcemente ripetuta da mille voci invisibili. A volte, infatti, il mio canto risvegliava l’aria calma in una vita notevole, quando ogni nota incontrava giocosamente una ondulazione, e ogni intonazione si fermava e si girava, fino a incontrare una nota che il mio liuto o la mia voce avevano lasciato indietro. Gli eventi di questa avventura erano di rara oscurità illuminata. “Che voce è questa!” disse uno. “Era un uccello o uno dei mille echi?” Stavo raccontando loro di una regione che non richiedeva né sole né stelle per brillare, per essere bella come il mezzogiorno di agosto, poiché non aveva oscurità; stavo per raccontar loro di una siepe colorata, che scendeva in passaggi perlomeno un’ottava, o di una conchiglia e dei suoi suoni tremolanti, ma non trovai la musica marina abbastanza adatta per il mio tema attuale. Certamente ero solo un conjuratore, un musico-matematico. Mdme. de St. Amour trovò qualcosa di più nella mia arte.

“Parli di un cambiamento nella natura che ti ha riempito di perfetta meraviglia. Raccontaci di questo.” Sentii il cambiamento; respirai l’aria fredda tra i rami degli alberi, le onde che battevano contro il mio ultimo accordo. E questo non era qui.” Fu interrotta.

“No,” continuò Metafisica, “la natura che cambia così non è sicuramente confinata al pianeta che abitiamo con la sua luna errante, non uno o molti soli, opachi o brillanti.”

“Queste sono notizie ideali per me e mi confortano molto.” E così continuai a suonare e cantare, finché gli elfi e le driadi danzarono e si stancarono, e nessun essere umano, anche se un centinaio, si stancò, ma barcollarono, svenuti fino alla morte, con lo stesso e medesimo fardello, danzando incessantemente intorno a me, ma all’interno di una recinzione di pioppi, un legame ornamentale che li bloccava saldamente dalla luce eccitata della mia immaginazione. I fascini di Hammock, o meglio, Hammon, e dei rilievi sarebbero stati necessari per descrivere uno dei motivi spesso ascoltati che avevano diffuso cento dolori dormienti attorno ai miei ospiti, Sua Altezza il Principe Orsino.

Anche quel gran vecchio re della stampa direttamente sotto il Grande Monarca (che, mentre dormiva, si divertiva a leggere l’aneddoto seguente sul Principe Orsino in spagnolo come una pubblicazione mensile), stava facendo una visita rispettosa alla Sfinge, e successivamente mi fornì abbastanza appunti presi in stenografia per monopolizzare quasi tutta una Nuova Serie. Mi implorò con ardore di non far sapere nulla alla Corte di Danimarca. Cementatif fece un grande inchino sentendo il mio nome menzionato, ringraziandomi per aver confutato alcuni trattati recentemente pubblicati da alcuni iper-ideisti che non avevano davvero alcuna fede nella Natura. I vescovi francesi scettici avrebbero difficilmente creduto a un monaco che raccontava loro che nei Vnukci polacchi un asino si sdraiò a due ore di un giorno e morì all’ora in cui il segno zodiacale cui apparteneva rappresentava Venere, passando al padre-poeta, Hollerium.

La mia voce li conduceva in uno stato di gioiosa eccitazione, mentre le mie odi li disponevano a ricordi difficili da comprendere. Il vecchio Rip Van Winkle stava gradualmente perdendo di vista quella nipote muta che ha da tanto tempo a pagamento, avendo molto poco da dirle. Il vecchio Herr von Kreutzburg stava quasi affogando in quel mare di grandi visioni. Eppure si percepiva la necessità di eccitazione mentre l’eccitazione rimaneva. Il mio liuto fu gettato a terra in disgusto. Mi allontanai. Tuttavia, continuavo a sentire la mia voce coinvolta in casi di sogno e sangue, mentre io, accartocciandomi tutto intorno dentro la recinzione verde, ero ora dolcemente trasportata lungo fiumi potenti. Poi mi rassegnai completamente, mentre il tempo scorreva rapidamente, mentre una canoa di soldato, in cui si trovava un uomo selvaggio con capelli lunghi come un’osso di pesce, mormorava parole che suonavano in onore di una donna selvaggia con i capelli portati su un scimitarra, un uomo cosparso di catrame e piume, il bacio-fuoco stesso, e alcuni indiani di pietre lunari, oscillavano da un lato all’altro, la mia barca fantasma di mogano, con i bordi dorati, da alcuni rami sollecitati dalla grandine, le cui lunghe braccia erano state magnificamente forgiati per un nobile scopo da particelle di lune che si avvicinavano, mentre il suono della mia voce diventava sempre più irregolare.

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