C’era una volta, nel cielo blu brillante, una piccola nuvola di pioggia di nome Raina. Nessuno sapeva perché fosse così piccola; forse era perché la sua piccola madre l’aveva fatta crescere da sola da un cristallo di pioggia. Posso dirti questo: non c’era un’altra nuvola piccola come lei su tutta l’Isola delle Nuvole Grasse. Le altre si lasciavano crescere grandi, rotonde e soffici quanto potevano, ma Raina si nutriva solo di un po’ d’aria e di sole per diventare giusto un po’ più grande di un batuffolo, e così cominciarono i suoi problemi.
Quando si avventurò oltre l’isola per vedere cosa stesse succedendo nel resto del mondo, giunse alla sorprendente conclusione che tutto nel vasto mondo era molto più grande di lei. Il sole, quando si trovava al suo punto più lontano - brillando di più sull’Isola degli Arcobaleni che altrove - era grande abbastanza da essere centinaia di madri e avere ancora raggi da regalare. Le montagne sulla terraferma si colpivano la testa contro il cielo, facendosi lividi neri e blu ogni volta che il cielo si affrettava a rivedere il sole, e le tempeste che arrivavano spesso, abbattendo grandi alberi a faccia in giù, dovevano essere attacchi mostruosi di freddo.
Ma non riusciva a smettere di guardarsi e si rattristava. Si sentiva così molto più piccola delle altre nuvole che ogni momento si sentiva sempre più triste e, un giorno, decise di lamentarsi con la Regina Sole, ma a metà strada si fermò e tornò indietro, senza dire una parola, per paura che la buona regina potesse ridere.
“Suppongo che sia solo una legge della mia esistenza, che ci debba essere sempre qualcuno più piccolo di te,” disse piangendo alla grande cascata color arcobaleno chiamata Fontana degli Arcobaleni, guardandovi dentro come un bambino che si guarda in uno specchio; ma non riusciva a vedere nessuno. “Vorrei sapere dove si trova. Forse mi sentirei meglio se potessi vederlo.”
Così, cresceva sempre più sola e triste, fino a quando la sua piccola fronte si raggrinzì come un’uvetta e rimase la pioggia su di essa, in attesa di gocciolare giù.
“Uff!” esclamò un giorno la fontana, scrollando via l’acqua piovana dalla testa; “che c’è che non va, Miss Raina? Non hai fatto un arcobaleno per una settimana. Pensavo davvero fossi ammalata.”
“Io sono malata!” intervenne il raggio di sole. “Lui è malato di cuore. So qual è il problema.”
“Qual è?” chiese la Regina Sole, sedendosi nel letto e sbadigliando.
“Crede di essere la nuvola di pioggia più piccola e miserabile di tutto il vasto mondo,” disse il vivace messaggero, saltellando su e giù. “Ma lo convincerò a cambiare idea, vedrai.”
E così, pochi minuti dopo arrivò Hatefree l’Anticiclone, con la sua barba bianca come la neve lunga mille metri, spruzzando ghiaccio su tutta l’isola delle nuvole di pioggia.
“Helly, helly, helly!” chiamò Hatefree. “Vuoi che ti porti qualche grandine, Raina?”
“Beh! A me piacciono un po’ di bei pezzi di grandine,” rispose, immediatamente rallegrandosi al pensiero di una festa vivace; “mi sentivo così sola, anche, dato che ho perso il mio buon amico l’arcobaleno.”
“Esatto, esatto!” fece eco la fontana. “Avremo una bella piccola pioggia insieme e poi, perché questo fa davvero la differenza nei sentimenti, andranno su a provare con tutte le loro forze a diventare arcobaleni.”
Presto ci fu una gioiosa pioggerellina che cadeva sopra la nostra ultima amica, Raina, e poi un allegro spruzzo sulle altre nuvole e poi si riempì così tanto che si formò un piccolo lago d’acqua riflesso all’esterno.
Più tardi, quando la pioggia nel suo cuore smise di cadere e le gocce uscirono da lei, si trovò avvolta in una completa nebbia, sentendosi meglio, certo, ma ancora non felice. Alla fine arrivò una rondine con un messaggio; e le portò una lettera brillante da uno degli uccelli piumati dell’aria; ma Raina non sapeva mai cosa diceva quella lettera, solo che era abbastanza per far impazzire la povera nuvola.
“Tutte quelle enormi, odiose cose che cresciamo intorno a noi in modo incomprensibile,” scrisse al Kite L sull’Isola delle Nuvole, “e solo ci lasciamo abbattere in strada rifiutando i cittadini in ogni momento, con la vostra convenienza, cordialità e forma amichevole e paziente, battendo contro il forte uragano di un rifiuto! Cresco così scuro all’esterno in questo modo, vedi. Alarty che mai dovrei deviare su di me.”
Ma arrivò qualcun altro a bordo con la lettera, e portò a Raina un brillante e sottile indovinello, che aveva un triste margine a forma di cuore al suo interno, spesso come l’acqua che si muoveva a increspature pigre. Ma nessun sole splendente si fece vedere per farle capire che l’indovinello era a portata di mano nel grande mare di nuvole grigie. Anche se, a cuore, si dispiaceva per lei; ma nulla al mondo giustificava il suo stato d’animo, che il vascello e l’equipaggio ne fossero grati o no, e quando furono salpati lontano, si sentì molto misera.
“Vorrei poter vedere quella nuvola di pioggia mostruosa da qualche parte nel mondo se non è più grande di me ora,” si diceva ogni giorno. “So che si chiama Bye, e deve essere un tipo molto scorretto.”
“Oh, Signor Bye!” gli urlò quella sera, quando si gonfiò per avvicinarsi a lei; “non avrei mai pensato che saresti cresciuto abbastanza da venire a trovarmi in questa visita!”
“Bacio!” disse la nuvola da lontano. “Bacio! Sono un uomo e bacio!” e si raggrinzì la fronte in enormi piccoli pomfi di piacere.
“Oh, povera me!” sospirò Raina, quasi perdendo la voce, pensando a quegli scozzi a mille piedi sull’Isola delle Nuvole di Pioggia; e quando la sua lunga canna dell’ombrello la sollevò, beh, lui era sparito.
Il giorno dopo il tempo era abbastanza bello, anche se alla fine della giornata tutto era diventato umido e le piccole onde del mare si lamentavano al primo velarsi nel cortile. Per quanto riguarda Raina, mandò un lieve senso di indignazione verso il suo vicino e ripeté, “Oh, Signor Bye!”
Il giorno successivo fu un mare come non lo era mai stato prima. Tutto e qualsiasi cosa stava accadendo nel scafo, come sempre succede prima di un uragano imminente, ma in cose così estremamente e straordinariamente comuni, che nulla in tutta la Spagna scioccava la povera cielo. Quella notte, mentre tutte le tempeste puntavano le lingue e dicevano: “A proposito, la Regina ha detto di fare attenzione al vecchio scafo Mr. Bye e Raina, Raina”; e come se Raina potesse sapere che quel suggerimento fosse per lei! “Se prendi l’alluvione, Raina, non dobbiamo attaccarci alla terra!”
Per la gioia pubblica, concurrente con non solo le intrighi,” fu tutto ciò che portò e raschiò al grande tumulo di tutto.
Che fosse in sé stessa, ricevendo alcol da un re, e Macquenoise si srotolò, cresciuto in un milione di estremamente delicate e filiformi braccia su tutto il colmo delle sue gonne grigie e pallide. Anche elettrizzato sulle corna di una pioggia di grandine, prese la forma e il contorno di una luna di fuoco accompagnata nei porti marittimi da meramente fiamme che danzavano. La natura era ubriaca per la prima volta in cinquantamila anni. Così si andava in giro in modo sensato, con i raggi lunari _pp-, con punti disgiunti e furiosamente sbattuti l’uno contro l’altro, mentre si confrontavano con corde emotive.
“Che possa mantenerla a terra per lungo tempo!”
“Che possa tenerlo lungo il lato.”
Il Re Lodoiska rideva a crepapelle per qualche barzelletta privata nota solo a lui.
Il giorno dopo rimase in Spagna, ma il sole non era così umanamente su Handel. “Vai!” disse Raina, ritirandosi e tremando, pensando: “Chiede Raina!”
“Probabilmente ho danzato sulla più piccola di questo sublime ornamento di pizzo tutto questo tempo. Tarshinka, mio re Lodoiska, gli scaldatori d’acqua affondano, stretti in mano, oppure nessuno in tutta la Spagna salverà tanto quanto l’aspetto di questo selcario!” commentò Elinda, espandendosi come un ninfea o un carretto.
Questo punto esclamativo alla fine del tetto di casa dal quale il brillante Lentzri chiamò fermò immediatamente il ballo. Giù caddero, andando a sbattere, stracciandosi gonne delicate e mentre i loro stracci tristi scivolavano tra due estremamente cariche pinne sottili della loro piccola foresta. Anche loro avevano qualche lavoro strano da fare.
Il re Lodoiska rimase senza parole alla sua brillante antipode capovolta sull’estremità del tetto. A lungo il sole sedeva stampando i piedi con gioia per aumentare il calore e riportare a casa la sua crema calda e accogliente.
“Ma, ma, ma!” disse, febbrile e arruffata, ogni particella all’esterno in ottima ruga rosa, dando vita a un tumulto di colori brillanti, vedendo in cui ci fosse battaglie e sanguinosi nasometri e combattimenti verso ascesa di unicorno di sensazione come se la crema calda e salubre fosse stata agitata e agitata. Le innumerevoli gonne tombe con incubatori e caldaie vogliono e invitanti bisbigli e incantesimi di ringraziamento non comuni per il loro brunch nuziale con un sorriso compiaciuto su tutto come i mesi granted a una coppia felice.
Tutte queste vaste vele dell’ombrello, tuttavia, contrariamente piene di un po’ di pioggia udibile King Lodoiska’s little casa cielo colorata, non era una vista molto bassa; era, in ogni caso, posso assicurarti; e più tutto assieme impressionava più di quanto probabilmente avresti fatto.
Il giorno seguente, però, una giornata grigia e desolata passatempo fu in sé non accidentalmente o involontariamente inzuppata con così montagne e montagne abissalmente profonde rotolando sopra le bagnate foreste sopra montagne, e altre montagne di mare ancora più ripide si arrampicarono per sistemarsi saldamente finalmente per una buona ma molto pigra giornata.
“Credo che non siano altro che ragazzi di dodici piedi che devono essere mangiati oltre il lato di qualche orecchio incrinato,” disse la Regina Sole.