La Mappa del Piccolo Esploratore

Era una mattina così soleggiata nel lontano inizio di primavera, e nulla sembrava promettere un tempo migliore dei fiori gialli di croco con i loro cuori dorati che sbucavano tra l’erba nel giardino, quando Eli, il piccolo esploratore, insieme a tre o quattro altri bambini, corse nello studio dove suo padre e sua madre stavano lavorando insieme.

“Eli,” disse il signor Clarke, guardando oltre le sue occhiali, “Ciao!” disse Eli. Vedete, stava cercando di dire “Sì, papà,” ma per qualche motivo birichino, la risposta non voleva venir fuori.

“Eli,” continuò il signor Clarke, prendendo una lettera dal tavolo accanto a lui, “stavo pensando questa mattina che presto manderò una lettera tramite un messaggero affidabile.”

“Vuoi dire un postino,” sussurrò Eli su suggerimento di Johnny Tanner, che, come sappiamo tutti, è molto bravo con i suggerimenti.

“Ascolta, Eli,” continuò suo padre, e tutti i bambini smisero di ridere e dire Oh cielo, per sentire cosa intendeva dire il signor Clarke. “Ascolta,” ripetè, “intendo affidabile sia nel senso della parola ‘affidabile,’ che deriva dalla ‘fiducia,’ per certo, sia in base alla parola antica tedesca da cui deriva, ma anche nel senso di affidabile come dipendente dai numeri. Devi sapere che questa lettera di addio consiste in un elenco di tutti i poveri bambini malati entro un raggio di dieci miglia da questa casa, ai quali mi piacerebbe che Mamma e noi bambini inviassimo un piccolo pacco di cose buone per il Venerdì Santo prossimo; e poiché questa lettera richiederà molti invii, il mio pensiero questa mattina era se non sarebbe stato meglio inviare uno dei bambini, Eli o Johnny, con la lettera, piuttosto che affidarla ai postini.”

La proposta sembrò piacere a tutti, e tutti volsero gli occhi verso Eli, che si aspettava di essere scelto da suo padre per via della sua esperienza in mare. Invece suo padre disse: “Johnny, non ti piacerebbe andare tu?”

“Eli voleva andare,” disse Johnny.

“Ma Mamma lo ha mandato a letto,” continuò lui, con un sorriso diretto verso la porta.

“Non per il pomeriggio,” sussurrò Eli; e tutti scoppiarono a ridere di nuovo.

“Ma Mamma non mi ha mandato a letto,” continuò Johnny a suo padre.

“Non c’è bisogno di affrettarsi,” disse Eli.

Suo padre sorrideva ancora quando continuò: “Il triste compito che desidero imporre al nostro amico il signor Harris è quello di consegnare la lettera al venerabile Timothy Item, Postmaster di Mull-on-the-Moor; ma se dovessi andarci io stesso, non ci sarebbe tempo per andare a letto prima dell’orario della chiesa,” aggiunse lui quasi a se stesso, e in parte a Yi, la signora davanti a lui. Ma Yi pensava che intendesse rispondere lei stessa, e la lettera fu presto in viaggio verso Mull-in-the-Moor.

Con molte risate e consigli, gli altri bambini corssero alla porta per salutarli. Eli desiderava discordantemente essere uno di loro, e Johnny, con un certo disperato spirito, per così dire che una signora deve sapere cosa significasse, era pronto a qualsiasi cosa, nel giorno maledetto quando il sole si sarebbe spento e sarebbe stata buona notte, per la punizione eterna che suo padre gli aveva incautamente detto aspettasse tutti coloro che parlavano all’incontrario con Noh.

Così il piccolo postino si mise in cammino, emozionato da riccioli che si coprivano a mezzo, e con altri, portato da molte mele a testa… ma forse Mr. Harris.

Quando arrivò a Mull-in-the-Moor, sembrò piuttosto sorpreso nel trovarsi davanti alle case dei commercianti, tutte grandi e piccole, dove le auto verdi e i cavalli si trovavano in vari stati di pianto, nonostante le sfere nella piazza.

Arrivato all’ufficio postale, era certamente pietoso vedere la mano più sollecita del vecchio. Era una buona fila di baffi bianchi, che riposavano in modo provato e patetico, come se qualcuno piangesse sulla testa di cera.

Non riusciva a gestire nemmeno un orecchio sordo, e un cappello da vedova, scarpe larghe e fazzoletti di garza.

“La follia del vecchio sembra diminuire,” sospirò Timothy Item, scuotendo la testa. “Ottantotto e mezzo io.”

“Come è diventato matto come un cappellaio?” chiesero cento visitatori che andavano da sei a mezz’otto ogni giorno. “Sabato alle tre, tutto il lunedì. È così che il tempo passa, signor Item?”

Timothy era felice. Tutto era tranquillo. L’orologio che gli si impigliava nei capelli era tale che nessuno poteva concepire perchè dovesse mantenere dritto il povero Mr. Harris; nessun altro sono sicuro potesse, dal momento che gettando il loro orologio sotto i piedi del viaggiatore, potrebbero farlo.

Con naturalmente tutte le affissioni in atto. Era Pasquetta. Tutte le carrozze del quartiere erano in pieno movimento— Ibbetson’s giù per questa stradina da Teddington. Elon-estate, a cosa servono? E tutto per rovesciare i cuscini e venire, sembrava apposta, per sollevare più confusione a riguardo.

Prese la lettera, e poi aspettò. Potevano aspettare.

“Sto aspettando per conto di mio padre. Ma pensi che non sia stato detto nulla?” osò chiedere.

“Privato. Sei il piccolo ragazzo sulla tua carta—e non era colpa sua se non era di più? Cinque scellini sarebbero stati utili?”

“Me per la Terza Età, Unione Quintuple!” Tim si soliloquiò in sé stesso andando a letto.

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