In un bel pomeriggio, mentre il sole cominciava a tramontare a ovest, Leo il Leone giaceva disteso davanti a un folto cespuglio all’ombra, al margine della savana. Tutto intorno a lui c’erano la sua Leone e i suoi piccoli cuccioli, che si rotolavano l’uno sull’altro e si leccavano giocosamente. Così sopraffatto dall’Amore e dalla Gentilezza era Leo, il Re delle Bestie, che non desiderava fare del male a nessun essere vivente, nemmeno ai suoi nemici.
La Volpe passò poco dopo e, vedendo il vecchio Re seduto con i suoi cuccioli, decise di portare via uno di loro. Aspettò per un po’, sperando di allontanare il vecchio Leone; ma Leo non aveva alcun desiderio di lasciare i suoi piccoli, così la Volpe pensò di cogliere l’occasione mentre Romeo dormiva; scivolò silenziosamente e afferrò il cucciolo per la nuca e fuggì via.
Ma improvvisamente Leo si svegliò e vide ciò che era accaduto. Chiamò gli altri rimasti con lui a emettere un forte ruggito per chiamare gli animali della palude, e presto arrivò una moltitudine di creature, dalle Cervo alle Colombe, dal Topo all’Elefante più grande. Tutti iniziarono a cercare il cucciolo. Dopo un po’, si trovarono dove la Volpe aveva appena tagliato in due il piccolo animale. La Volpe disse che voleva solo giocare con il cucciolo, e che lo aveva tenuto per la nuca solo per divertirsi, ma il Leone alzò la voce verso il padre.
“Provatelo la mattina seguente,” disse la Volpe, rivolgendosi agli animali. “Allora potrete essere certi se stava cercando semplicemente di fare del male al cucciolo.” Nel frattempo, venite voi, vedete il cucciolo e un piccolo giovane venite.”
Così non si resero conto fin troppo tardi dell’errore che avevano fatto nei confronti della Volpe, che sembrava dunque agire per legittima difesa. Non si può negare un’accusa quando è provata da fatti che non possono essere smentiti.