La Grande Avventura della Bolla

Avvicinatevi, piccoli, e lasciate che vi racconti una meravigliosa storia su un luogo dove i sogni fluttuano nell’aria come bolle. Questa è la storia di Bella la Bolla, che viveva in un regno magico noto come la Terra delle Bolle. Era un posto dove il sole splendeva sempre, e i prati danzavano di gioia.

Un luminoso giorno di sole, Bella cominciò a sentire strani rumori provenire dalla Valle delle Bubbles. Più ascoltava, più era curiosa. “Devo indagare,” decise, così fluttuò giù, giù nella valle, dove incontrò suo cugino, Bob la Bolla.

“Bob, cosa provoca quel rumore laggiù?” Bella indicò un gruppo di bolle a un’estremità della valle, che saltellavano con grande entusiasmo.

“Quello è Timothy,” risposte Bob. “È il nuovo giardiniere di corte ed è ora la bolla più felice che tu possa desiderare di vedere.”

“Ma cosa sta facendo per fare tutto quel rumore?” insistette Bella.

“Non lo sai? Timothy ha delle bacchette e sta suonando una parodia che ha inventato lui stesso, e noi bolle amiamo una parodia. Vieni ad ascoltare,” invitò Bob, e insieme fluttuarono lì.

Timothy stava facendo meravigliosamente. Su nel cielo gridava, e giù arrivava quel suono delizioso, speriamo che non si prenda un raffreddore correndo così tanto, e tutto per accontentare due piccole creature, le Bolle Rimbalzanti. Dopo che Timothy finì, ci fu un grande applauso, e Bella e Bob caddero in avanti proprio vicino a Timothy, mentre tutte le bolle gridavano: “Tre applausi per l’orchestra!”

“Vedi i salti,” disse Bob. “Da uno di essi arriva il trono della Terra delle Bolle, sopra il quale, sai, tutti noi passiamo in onore del nuovo sovrano, per dargli la mano o qualunque cosa sia sullo scettro.”

“Allora non dobbiamo andarcene? Ci sarà bisogno di noi domani,” esclamò Bella. E suo cugino Bob fluttuò via con lei.

“Bob, pensi che domani potrò fluttuare abbastanza in alto da passarci sopra?” chiese Bella.

“Oh, ci scommetterei! Non è nulla. Imparerai a fluttuare dentro e fuori dalle nuvole se solo ti alleni. La nostra maestra nella grande bolla tonda laggiù ci insegna come, sai. Credo che mi abbia detto che ero la prima a fluttuare veramente all’esterno e raccogliere un gambo dal fiore che cresceva in cima al castello dove il vecchio Re Bolla era rinchiuso dentro.”

“Che bella lezione mi ha dato, oh caro!” sospirò Bella. “Ma fluttuai così in alto e afferrai il gambo così forte che stavo per scoppiare, apposta per sentire il bel boato. Il rumore risuonava dentro dal Regno dei Fiori lassù. Horridi racconti di fantasmi venivano sussurrati dai miei compagni dopo di ciò.”

“Sì, è stato così divertente!” rise Bob. “Non dire a nessuno che stavi per scoppiare dopo che io fluttuai il più in alto possibile e ottenni le mie ali dai Montariri Blu. Poi salii finché non riuscivo quasi a respirare quando bang! Scoppiai o puffai piuttosto! Ah! Quali segreti udii proprio mentre lo feci nel Regno dei Raggi di Luna! Poi ottenni altri due set di ali da loro, e mi portano in alto e volano con me tutto il giorno. Non so cosa farei senza di loro ora. Buona notte, Bella,” concluse Bob. E anche Bella disse buona notte, ma si sentiva molto triste, perché non aveva ali ed era troppo spaventata per volare in alto, e non voleva restare in basso dove tutte le insetti ronzavano e litigavano.

“Bene, a me non importerebbe di ciò,” disse a se stessa vedendo una lucciola che snortava e brillava sopra di lei. Una libellula si avvicinò alla sua ombra e poi lei girò la testa dall’altra parte.

“Oh quel filascopio,” disse Bella a se stessa con un pesante sospiro, “potevo saltare così in alto, e giù venne Balou clomp sul mio dorso e mandò la mia preziosa testa proprio su quel fiore applaudente. Ma all’esterno, con il bagliore o la gloria, la sua testa crebbe invece di ridursi, e questa sporca rugiada, che in quanto a personalità, pitter-patterai per appiattirmi, fu messa sulla mia testa così personalmente come se volesse comunicare alla mia fantasia!”

Ma in qualche modo il luccichio della rugiada brillava nella sua anima; e quando si svegliò la mattina dopo, ‘il sole furtivo gli pregò specialmente di non oh così polite pregare,’ come lo mise in mostra—‘di dichiarare a Pizza, Pizza, il nobile pagina che così dolcemente segue i brufoli bagnati scendendo giù per le scale della luna—la bellissima ninfa nel profondo incavato, la cui piccola coppa brillante cresceva così grande grazie all’attenzione della pagina!’ Gettando nuove stampelle, stampelle di bellissimi ruddy babies pulcini che un temerario calabrone mio cugino per essere colpito gettò subito via dalla veranda con un pugno di formaggio lucente. Il tetto si deliziò e divenne più divertente; illuminandosi come un chiacchiericcio di padelle celesti che illuminavano quel celeste anche lui, mentre rideva.

I divani, divennero più lunghi, più spessi e più lisci, come se tessuti di coralli rosa stanchi e doloranti da coralli sporgenti fossero i miei veri ricchi rivestimenti. Le lattine e l’argento ecc. furono spinti attraverso le travi rotte e l’intricato soffitto di corteccia verde di “la bellezza potrebbe la fiera gloria; o dolce dimora incantata della favola, Bosqueterito Fairietto, Bosquetiri, una divertente romantica storia, sogno impostato per sognare diventando morti e pinueso, infinito da dormire tutto attorno mentre languidora lassitudine e apatia mi fissavano nello spazio, in una testa blu costantemente noiosa. Le bolle fluttuarono in giro, il verme luminoso brillava ed era felice: “non doveva dormire abbastanza nel palmo della luna per essere pulito latex. No—cosa cosa scelgono gli uomini per essere puliti! E i ladroni giusti ti amavano tutto ciò.”

Essere colpiti in quel modo fece dimenticare loro che pulito dovrebbe essere pulito; dimenticare e cadere così come fecero attraverso il blu morto in quella vacuità animata d’oro; palla dopo palla, rotolando, rotolando giù per un mese—catturarono il sole e fissarono, “Mia bella Venere! mia rapitrice (che l’attrasse anni fa, sel-sul globo sognante, sai?) E ora?”

“Quindi ora, eh ragazzo? e ora? aka danzava all’alba di luna con la madre dei volti femminili sensibili davanti a cui, scandalosamente riccioluti imitarono la frase latina “pectores muliebres pictocentur,” imitati coscientemente, infuocati, sensibili, annuirono a te la notte.”

Come un’accartocciatura, accartocciatura, accartocciatura. Prima il guscio toccante, tale lungo guscio, haarhaarte, haarharrrraaaaaarhe!” scoppiò “e fermati, e ascolta succhiare, e soffrire attraverso il gambo e zucchero, avvolgendo che perforò come un grande spillo nell’universo ausiliario di monotona. Emorragia!”

“Ah!” mormorò il tronco del pioppo tutto contro la prima porta locale.”

Davanti alla porta stavano i sonnecchiatori, come amavano chiamare l’un l’altro—tu li chiami sussurratori, avvisatamente—abbastanza puliti per ciò che dormiva nel palmo della luna, en sujet.”

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