In un prato classico dove fiori selvatici ondeggiavano e farfalle danzavano, la piccola Mia trovò un segreto: poteva parlare con gli animali! Da sola mentre tornava a casa, rimase perplessa nell’udire un uccello cantare, non solo in cinguettii, ma in parole chiare.
“Ah, piccola Mia,” cinguettò l’uccello, “perché fai quell’espressione corrucciata? Vieni su sul tetto e siediti.” Con una risata, salì su un albero per sedersi vicino al suo amico piumato.
La chiacchierona gazza si unì, dicendo, “Non te ne pentirai, bambina! Vieni ad aprire la porta e vedrai che non sarà noioso.” E il tordo poi dichiarò, “Posso venire anch’io?”
Deliziata, la piccola Mia invitò tutti a volare, e un affascinante gruppo di quaglie, piccioni, scoiattoli e un eccitato cucú si radunò presto sul suo polso e sulle sue spalle finché non poteva quasi sopportare il peso!
Poi tutti volarono nei vasti e incantevoli boschi. E quando la piccola Mia chiese se potesse visitare di nuovo questi divertenti amici, un orgoglioso pavone spiegò la sua coda e rispose, “Non ti preoccupare! Verremo quando saremo chiamati!”
Così giocarono e giocarono, finché alla fine la piccola Mia guardò ovunque, ma la nostra buona e gentile ragazzina pianse al pensiero di dover tornare a casa per cena.
Quella sera, prima di togliersi le sue piccole scarpe rosse e mentre la mucca masticava vicino alla porta, sussurrò a tutte le sue sorelle, “È così triste restare lontana da casa — perché anche se all’inizio gli animali erano così occupati a chiacchierare, quando videro quanto era felice di sentir parlare di loro, tutti dissero piangendo: ‘Sì, la casa è la migliore!’”
Da quel momento in poi, i suoi amici animali si radunarono attorno a lei in molte forme e dimensioni diverse — grandi e piccole. Ma non devo raccontarti i loro nomi — si tenevano sempre per sé.
Ora passarono gli anni finché la piccola Mia divenne, vedete, una giovane signorina molto carina. Sì, davvero! E un giorno, mentre camminava attraverso un folto boschetto — fino alle ginocchia di margherite — l’erba alta tremolò e una si scosse da un lato all’altro fino a spaccarsi in due, abbastanza per far giungere un piccolo omino, meno lungo di un dito mignolo, che venne saltellando.
“Beh! Mi chiedo cosa stia facendo qui?” e rimase ferma affinché non si spaventasse.
“Questa è la figlia del contadino Jones!” e si inchinò molto profondamente con margherite e colcocchiglie attaccate ai capelli.
“Oh! Eccellente! Farò. Chiederò,” e saltellò verso Mia.
“Piccola signora,” dice, “mi permetteresti di farti un cappello?”
“Grazie, piccolo uomo. Mi piacerebbe molto averne uno.”
E ora le mani di donna si fermarono, e io mi sentii annebbiato al pensiero — che vita orribile, una vita miserabile! Una voce interiore scosse il mio essere, “Sì! Non solo le mani umane appartengono a me!” L’intero mondo sembrò muto e per secoli tutto fu rovinato e sfocato.
Finché la piccola Mia disse, “Sì, se ti fa piacere!” con un cuore piccolo, ansioso e svolazzante, “Ma ti farà piacere e renderà felice se ne chiedo solo uno per me? Il tuo mi renderebbe due volte più felice.”
“Prestami il tuo cuscinetto per spille di ottone, il tuo sottile guanto giallo? Ti piacerebbe non indossare nulla, ma sai cosa ci serve per i favori? Per prima cosa giù!” e indossò con molta cura i piccoli coperchi appuntiti e pronti, partimmo entrambi con il cuscinetto delle spille che sfregava su e giù.