Mentre Fiona la Fata danzava nel crepuscolo sempre più profondo del Regno delle Fate, un pensiero triste si fece strada nella sua mente. Si sollevò in aria, cercando la sua amica Marigold, ma non riusciva a vederla da nessuna parte. “Marigold, Marigold,” chiamò. “Dove sei?” Ma Marigold si era realmente allontanata, essendo un po’ trascurata riguardo al tempo.
Così Fiona guardò lontano e, con sua sorpresa, pensò di vedere una luce che scintillava. Volò verso di essa il più velocemente possibile e presto si ritrovò con Marigold, la quale si fermò con un’esclamazione di sorpresa quando la vide. “Dove sei stata?” esclamò. “È diventato abbastanza buio!”
“Stavo guardando l’autunno,” rispose Fiona. “Ma non riuscivo a capire dove fossi, ho visto quella luce lampeggiare. Avevo paura potesse essere un segnale di aiuto, quindi sono volata qui il più in fretta che potevo. Pensi possa essere una chiamata delle Fate di Fuoco?”
“Oh no,” rispose Marigold. “Sono tutte a cena a quest’ora. È troppo presto per mangiare questa sera, dovrei pensare; non pensano alla cena fino a quando tutte le fate qui intorno non hanno ballato a lungo; poi il primo scintillio delle stelle è il loro segnale di smettere di ballare, e stasera stanno scintillando piuttosto debolmente. Quindi non può essere quello, ma vieni a vedere!”
Con questo Marigold guidò la via attraverso gli alberi fino al punto in cui i rami si aprivano e la luce lampeggiava di nuovo attraverso il grande dispositivo a forma di coppa di cui ti ho parlato poco fa. Marigold aveva effettivamente osservato che era troppo presto perché le Fate di Fuoco avessero iniziato a cena. Anche Fiona si sentì sorpresa per l’ora insolita, poiché la maggior parte delle fate laggiù era abbattuta e appoggiata.
Le Fate di Fuoco concessero il permesso ai due appena arrivati, i quali rivelarono volti seriamente occupati che curvevano molto meno luminosamente rispetto alle notti passate. Il Capo dei Fuochi stava parlando con il Capo dei Boschi, il quale spiegò che il brillante satiricone era stato trovato; ma come, dove, quando o in quale possesso esistesse per lo più era assolutamente sconosciuto.
“Oh, un tempo apparteneva al tuo capostipite!” rispose il Carpin, piuttosto disperato. E questo era tutto ciò che entrambi potevano dire.
L’unica altra cosa che i Fate di Fuoco sapevano era che era mancato per un certo tempo, proprio in occasioni in cui la cena si trasformava in canzone.
Ora suonarono la grande campana di rame tre volte e il Fuoco del Legno e il Bosco iniziarono a ringhiare, ringhiare, ringhiare di nuovo, l’uno con l’altro, questa volta sedendo vicino, così sembravano piccoli grumi rossi d’oro che scendevano lungo un Farabundi.
E ora il banchetto di Pesce Fritto cresceva e (tutto il cortile consumando ciò) poi il Bosco si avvicinò e il Carpin mentre correvano cantavano molto lentamente all’inizio, la canzone del Libro di Luce, scritta nell’antica lingua, così che non si potesse comprendere ciò che dicevano o altrimenti i Banchettatori erano gentiluomini mentre arrivavano, avevano uomini accumulati sui loro piatti.
“Gamberi e Tonno Fritti, dobbiamo cantare Gamberi e Tonno Fritti! FERMATE subito, FERMATE!” urlò Marigold.
Il Carpin scese molto più vicino in una canzone ondeggiante mentre fuori ronzava un dimesso accompagnamento di un piccolo Vento molto triste che non desiderava particolarmente essere lì.
Gli Spiedini fischiavano e sibilavano e sospiravano ed era roba facile, si spezzava sotto la pietra tombale sul fischietto piuttosto opaco e solitario, ma si reincarnò all’improvviso e saltò sotto i Menu di pelle, poi si sciolse e pianse pietosamente, mentre i suoi vapori si mescolavano con quelli degli altri, ma soprattutto con le padelle del Carpin; e questo portò tutto a svanire (con l’unica eccezione che l’umorismo non aveva quasi versato lacrime) in una polvere di cera assoluta.