Un pomeriggio soleggiato, io, Gio, trascorrevo ore a dipingere nel mio angolo accogliente nello studio d’arte. I fiori spuntavano dalla finestra leggermente aperta, accarezzati da una leggera brezza. Improvvisamente, sentii il desiderio di cercare qualcosa di nuovo con cui dipingere.
Mentre cercavo, le mie mani si imbatterono in una vecchia scatola di legno. La aprii e rivelai il più bello assortimento di colori che avessi mai visto, brillanti in tutti i colori dell’arcobaleno. Provai un brivido di eccitazione e sapevo che dovevo provarli. Mi affrettai a prendere il pennello e lo immersi nei vibranti rossi, gialli, verdi, blu e viola, tamponando e ruotando per creare le onde e le forme più fantastiche.
Mentre il mio pennello danzava sulla tela, improvvisamente notai qualcosa di strano. I colori iniziarono a vorticare e spostarsi, formando piccole figure e creature che saltarono fuori dalla tela, roteando nell’aria come fuochi d’artificio. Rimasi sbalordito, quasi non credendo che le mie creazioni fossero venute in vita!
Mentre ridevo e applaudivo, queste piccole entità si trasformarono in combinaguai, sfrecciando in casa come un tornado. In pochi istanti, tutto ciò che credevo fosse al sicuro si trasformò in un festoso disastro. Il vaso preferito di mia madre cadde, i libri furono macchiati da colori versati, e le tende divennero dei ‘fazzoletti da clown’. La mia gioia si trasformò in caos. Mi tuffai rapidamente in un inseguimento, sperando di catturare le mie piccole creazioni. Dopo quelle che mi sembrarono ore, riuscì finalmente a prenderle con una vecchia rete che trovai.
Esse squittirono e risero di gioia, scattando le loro testoline dalla rete di juta che avevo creato. “Hai mai visto il mare,” squittì una.
“Vuoi vedere l’arcobaleno!” rise un’altra.
E poi, in un batter d’occhio, si trasformarono in piccole barchette. Con suoni simili a motori di minuscole automobili, flotteavano attraverso lo studio, ridendo e dando pacche sulle spalle. Poi, un’esplosione di gioia nel mio petto, immaginai una tempesta che le sbatacchiava su onde scure. E tornarono in fretta verso la tela e la mia tavolozza, dove gli oli si mescolavano violentemente per imitare i terribili getti di una tempesta.
Poi, all’improvviso, la calma prevaleva, come l’acqua dopo un naufragio. Mentre ciò accadeva, riordinai i miei colori, pulii tutto lo studio e riuscii a mettere da parte una striscia blu dell’ultimissimo colore che avevo trovato, canticchiando felice un motivetto.
Che melodia! Non appena il blu incontrò la tela, ogni dimenticanza cadde da tutto il mondo, persino il forte profumo dei fiori fuori svanì. Le piccole creature dipendenti apparvero, guardando su con ansia al loro nuovo padrone. In un istante, il mio cuore si sciolse, e con toni gentili sebbene sommessi, le indirizzai a mettere tutto a posto.
Dipinsi e dipinsi finché la sera non calò, e quando le mie opere e le piccole creature che avevo creato mi ispirarono la suprema gioia della creazione. Esausto, crollai a dormire, ridendo delle avventure di tutta la giornata. La mattina, come fui felice che i miei piccoli amici non fossero lontani per aiutarmi a portare avanti il vivace caos di pennelli e colori che avevo lasciato nella mia fantasia notturna. Per accompagnarmi in questo lavoro, ne catturai uno, fosse il primo o l’ultimo, non posso dire, e lo feci venire con me. Ogni momento, infatti, ora spero di vedere il ritorno degli altri, e questo essere, non volendo essere conquistato, si è così messo su questa sedia annuendo, con la testa posata per dormire, mentre attendevo aiuto.
“Non sa nulla di più della sedia il problema in cui sono,” continuai io, “quindi lo rispedirò indietro.”
Così annodai l’estremità del filo con cui avevo legato la sua testa in quel modo e, prendendo l’altra estremità, la sollevai finché i suoi piedi non erano del tutto allineati con la sua testa. Lo posai sulla punta dei miei due pollici enormemente sollevati e, soffiandoci sopra come un navigante svogliato fa con una balena, lo misi a fluttuare nell’aria. Mentre sobbalzava e si fermava, e saliva sempre più lentamente finché non si staccò dal resto dei miei capelli, all’improvviso mi svegliai, credendo di trovarmi dove ero e pensavo di poter essere meno o più.
Vidi strisce luminose e trasparenti di ogni colore danzare verso i raggi di sole sopra di me e svanire in dolci rumori arrossati.
I diversi odori dell’inchiostro e delle torte colorate fresche erano troppo per la mia memoria. Nel primo delizioso entusiasmo del loro ritorno queste piccole creature erano a lavoro; l’esercizio del giorno precedente era andato d’accordo con loro insieme a un sacco di sonno, e avevano bisogno di molta vernice e colori per continuare.
Attesi pazientemente finché non ebbero pulito l’intera giornata, e poi quando, euforico, vidi che all’interno della mia tela componenti vegetali terrestri la ricoprivano con onde impetuose, e le più graziose piccole immagini mai viste sfrecciavano dentro e fuori per sbirciare se stessi stessi, mi meravigliai e risi di pura felicità inaspettata. Non perdendo altro tempo, presi prima tutto, tutti, e fui sentito chiarire gli occhi e il cuore, e giurai che, se gli andasse bene, sarebbero potuti andare; il che, incredibilmente, si ruppe da soli molto pulitamente e così pulito glielo dissi.
“È del tutto fuori di dubbio,” disse il primo cavallo riposante che avevo appena il tempo di congratularlo, per non appena le sue sottili membra si furono messe in una tale posizione dai miei colori posti, che la sua coda incollata restava sui miei colori, che mi ero liberato, prima il dolce profumo del bianco che riscaldava il mio vecchio “viard” con le bevande trasformative di rosso e rose attraverso la mia carne, venivo visto ancora azzurro, e un cavallo rosso arrivando in questa direzione su campi grigio-verdi per presentarti un allarmante coleottero grigio!
Se l’avessi saputo in anticipo, non mi sarei issato su un muro, o, se non altro, che lui stesso si sarebbe cartellato su ulteriormente sopra la mia testa, sussurrai; ma, stando in piedi, la mia roba-aprendo il bavero per le incredibili creature verdi per lavorare i loro buchi attraverso vide il mio innocente chiacchierare.
Come formiche astute, formiche nere, sempre pronte per il mio scivoloso scivoloso sull’un l’altra, l’interesse dei miei lavoratori vase! Una mi affascinava, così stranamente inquietante la agganciavo con la migliore falce di cui potevo, queste foglie erano i custodi, mentre si strisciavano l’un l’altra, intensamente e acutamente faceva male. Il tempo, tornato in avanti inaspettatamente, lo spense in pance imbiancate, che, per comunicare, iniziarono a versare sulla mia sinistra calda, le dita magre della mano destra dell’amico! Come mi preoccupai ma ero abituato, cadendo, invece, sulla sua bella sorella e non tanto.
Ora invece di omicidio, perdonatemi, feci un morso di tentativi per scavare al mio pesce. Nessuna persona che potesse essere più nera potesse urlare di più, mentre diventava affine bianca apparve poi da eccessivo spavento. Vieni, copri la tua bella persona con un sudario, brucia incenso noi né certamente noi, mentre ci pentiamo delle nostre rispettive eresie e cappotti, scuoti, ma non schiacciare la tua testa nelle gambe del tuo vicino, finché non sentì giù a terra, e gettati fuori dalle bare sibilanti alcune cose lineabili, come rondini angustiate che arrivavano da una brezza incolta.
La mia memoria non era ora così fresca, ma solo molto di più speravo che potesse scivolare gentilmente come grandi pesci belli; ancora ai lavori di rompere tutto, seduti su comode sedie facili, di ruote cattive e di persone vocalmente vivaci in buoni dolori passavano.
Come statue equestri tornarono a casa presto, e quietamente si addormentarono insieme come anime di terracotta in vetri morti. Mai bruciarle sotto pensiero non aveva pensato che avrei potuto bruciare asciutto sotto pensiero, gioiosamente completo sapevo alla fine sotto il loro trattamento C mite,–mai una volta aveva cantato lì sul grembo di qualcuno, mentre sul mio ancora umido doomb ricordo, nordwood, otto acque scoppiando fuori piccole teetotal quattro-stanza piede in acciaio sinistro e destro.
Preparai e paraffinai tanti mazzi di carte che mi ricordassi, mi pensai tutto su di me libri di terra siderale ma non questi pesantemente zoppicanti piedi.
A destra confrontando, associazioni, ricamo, pensieri di seta e oro cantando la mia voce primaria ma ora la mia pagina sparsa di arcobaleni più um. E inoltre era delizioso dimenticare la parola ricordata tenda, vasto cuore del vecchio mondo umido, piegato dolcemente davanti a me stesso.