L'Orologio Incantato

In una pittoresca cittadina conosciuta come Città Vecchia, dove ogni ora era celebrata da un jolly clangore di campane, un antico orologio svettava in piazza, segnando silenziosamente il passaggio del tempo. Giorno dopo giorno, questo orologio ticchettava, il suo pendolo oscillava avanti e indietro, mentre centinaia di persone si affrettavano, ignare della storia che si stava svolgendo all’interno.

Perché in profondità dentro l’orologio, viveva un piccolo abitante di nome Tick Tock. Non era una creatura qualsiasi; era un allegro ometto dotato del delizioso compito di assicurarsi che ogni ingranaggio dell’orologio ruotasse perfettamente. Ogni mattina, lavava la faccia dell’orologio e lo caricava a dovere, persino cantando canzoni per rendere il suo lavoro più piacevole. La sua vita era caotica ma gioiosa; innumerevoli ingranaggi e ruote condividevano il cuore dell’orologio e lo mantenevano in vita.

Ma in quel giorno fatidico, qualcosa di terribile accadde. Tick Tock stava lucidando la faccia dell’orologio, ammirando l’ottone brillante sottostante quando all’improvviso tutto intorno a lui si congelò. Le lancette dell’orologio persero il loro ritmo, e una calma avvolse la Città Vecchia. “Oh, che fatica questo giorno! Non posso credere che sia già mezzanotte!” borbottò un vecchio, guardando grumpily Tick Tock attraverso il vetro.

Con una improvvisa realizzazione, Tick Tock esclamò: “Allora questo è un caso terribile! Il tempo si è fermato e se non riprende subito, non lo farà mai più! Devo andare fino al grande orologio e vedere che pasticcio è successo.”

In fretta, si diresse su per la scala di ottone lucido verso la stanza dell’orologio. E lì, con orrore, scoprì che le lancette dell’orologio erano attorcigliate e annodate, incapaci di muoversi in avanti. “Oh, questo è un lavoro molto ingrato!” mormorò, cercando di liberare le lancette ma riuscendo solo a impigliarsi di più. “Perché devono essere gli Orologi a fare tutto il lavoro, mentre gli orologi comuni possono restare a guardare?”

Proprio in quel momento, il disonesto pulitore di strade si girò al suono della campana dell’orologio e rimase sbalordito nel vedere Tick Tock in difficoltà tra le lancette dell’orologio. “Mattoni d’oro!” esclamò, “cosa stai combinando, piccolo amico?” E senza dire altro, si chinò, prese Tick Tock nella sua mano e lo gettò tra gli ingranaggi ossuti. Non fecero male a Tick Tock, ma trovarono le setole del vecchio utili per dare una buona pulita ai loro avvolgimenti, il che senza dubbio contribuì al corretto funzionamento dell’orologio in seguito.

Gli ingranaggi ossuti si unirono quindi, formando una felice catena che si estendeva fino alla signora piuttosto graziosa al secondo gomito. “E da dove sei spuntato, mi chiedo?” chiese la signorina elfica al nostro amico, a cui Tick Tock rispose: “Oh, vivo dentro l’orologio e ogni volta che qualcosa va storto, vengo inviato per sistemarlo. Mi chiamo Tick Tock, e tu?”

Con una risata incredula, la signora disse: “Io vivo qui sopra dove posso tenere d’occhio il pendolo, che, e questo potresti non saperlo, dato che sembri molto disattento, oscilla verso il prossimo gomito ogni minuto del giorno e della notte! Fai bene a segnarlo!”

Tick Tock pensava che gli avvolgimenti non si fossero quasi mossi da quando lo avevano messo lì, ma forse era perché la solidarietà tende a far avvicinare le lance del minuto.

Ora era il momento degli ingranaggi vecchi di rimettere le lancette dritte. Tick Tock li presentò tutti e con molto rumore e avvolgimento, li mise a lavorare. Poi gli stessi ingranaggi presero Tick Tock sulle loro spalle e lo portarono giù per la scala di ottone lucido dove il vecchio arrabbiato aveva continuato a camminare e borbottare. Appena il caricamento fu completato, le lancette dei minuti e delle ore iniziarono a muoversi lentamente, gli ingranaggi giusti diedero una spinta alle grandi lancette dell’orologio, e quella notte tutta la Città Vecchia uscì per vedere le luci brillanti nell’orologio spettatore. Era stata malpagata per essere stata costruita, e quanto si lamentava di lavorare duramente la notte!

L’orologio in piazza batté l’una, e ogni altro orologio del posto suonò l’ora a piacimento di tutti gli altri. Tick Tock volò giù per le scale dove il vecchio era ancora imbronciato, e quando vide che tutto funzionava bene, chiuse la bocca con un clic. Tick Tock poi saltò sopra la lancetta delle ore, subito rimandò indietro di cinque minuti per il dado e mise, l’una e mezzo, salì sulla schiena della Signora Minuto e volò oltre il minuto del tempo passato. Non un respiro, non un suono, poteva essere udito nella vasta strada della Città Vecchia.

Sembrava piuttosto tardi per la Città Vecchia, e Tick Tock, con un sospiro di sollievo, abbandonò il suo appoggio sul quadrante e si raggomitolò nelle viscere dell’orologio.

“Sono felice che sia finita,” commentò, prendendosi un berretto da notte da un ingranaggio in una sorta di armadio nel muro. “Il tempo è una creatura noiosa, ma scivola terribilmente bene quando lo prendi nel modo giusto. Ah, le noci del tipo con un occhio solo!” E con quella rapsodia sulle labbra, chiuse gli occhi come la bocca del vecchio, e mezz’ora dopo anche il Tempo stava profondamente dormendo.

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