C’era una volta, in una terra innevata lontana, i bambini pinguini uscivano a giocare. Con le piume bianche come la neve che cade, e i piedi tutti coperti di nero, sembravano proprio fiocchi di neve scesi dal cielo.
Barcollavano qua e là, giocavano a nascondino e all’acchiapparella. Saltavano e schizzavano nei piccoli stagni d’acqua, costruivano case di ghiaccio e si divertivano tantissimo.
“Oh cielo!” disse Polly, una mamma pinguino, guardando fuori dalla sua casa una mattina. “Guarda quei birichini dei bambini! Stanno per scivolare giù dalla collina! Suppongo che debba fermarli.”
Dalla sua porta Polly poteva vedere la collina innevata dove i giovani pinguini scivolavano verso lo stagno dove lei viveva, in grado di sentire le gioiose chiamate e le grida dei piccoli.
“Attraversiamo lo stagno e scivoliamo sulla collina,” disse Pinne rispetto a quella meravigliosa collina, dove i piccoli stava scivolando così veloce che sembrava quasi non avessero tempo per risalire.
“Avere paura di andare,” disse Gufo, dopo aver guardato un po’.
“Oh! Dai, piccolo cuore spaventato, vieni dai,” dissero i piccoli, che già scivolavano sopra lo stagno.
“Sono troppo piccola, comunque; non posso farlo. Cadrei, lo so.”
Ma questa era una bugia. Piccola come era, i suoi piedi in qualche modo scivolerebbero sul ghiaccio scivoloso; la sua pelle era fatta proprio per scivolare.
Gufo barcollò — perché era così che andavano i pinguini — attraverso lo stagno dove i piccoli con Pinne erano fatti di gomma per portare la neve.
Ora erano vicini alla collina. Ad ogni momento, Gufo pensava di arrendersi; eppure gli uccelli agili saltavano di lato.
“Oh cara! I pinguini spaventati si sentono male?” chiese Pinne.
“Ma non posso scivolare giù!”
“Oh sì che puoi — certo! Cosa ti fa pensare di non potere, mio piccolo amico?”
“Non l’ho mai fatto e non so come.”
“Oh! imparerai facendo, proprio come parlare italiano. Dai, voglio vedere se riesci a fare un tuffo senza l’aiuto dei tuoi tappi. Basta piegare i tuoi piccoli piedi rigidi e girare di lato.”
Gufo fece così, e presto emerse il spaventoso rumore di scivolamento tra gli abeti, come facevano i ragazzi e le ragazze sui capelli del comitato. Ma in qualche modo il vento rapido la rinfrescò, eppure lei risalì e scese, finché tutti i vivaci bambini pinguini continuavano a chiamare, “Dai, Gufo, fai qualcosa di carino. Mostraci un trucco in cui sei brava.”
Ma come le sue piccole gambe e i lettori tappi le facevano male e la facevano sentire così assonnata!