C’era una volta, su un’isola tropicale colorata, un brillante pappagallo di nome Paula. I pappagalli vivevano tutti nella foresta verde vicino al mare, dove i grandi alberi ondeggiavano nel vento, i fiori avevano il profumo più meraviglioso, e i piccoli uccelli cantavano tutto il giorno. Ma Paula disse: “Non oso volare oltre il mare verso le piccole isole verdi”, perché aveva paura che le sue ali rosse e blu si stancassero. Ma questa non era la vera ragione; la verità era che aveva paura del vento tempestoso che talvolta si alzava sul mare; le faceva così paura che, quando tutti gli altri pappagalli volavano sui rami che pendevano sull’acqua per dormire, lei si rannicchiava vicino al bambino della vecchia signora e dormiva sul suo braccio o al suo fianco.
“Oh, papà, papà,” gridò il bambino, una sera, quando il cielo era di un blu scuro e il mare di porpora, “portiamola con noi!” E la sera dopo la barca era pronta, le vele erano issate, ed erano saliti a bordo, mettendo Paula nel cesto, e con la vecchia signora, il suo bambino e il gatto preferito, erano usciti nella luminosa serata di luna.
“Oh, quanto è delizioso navigare sul mare scintillante!” disse il bambino; “è più luminoso anche del cielo sopra di noi!”
Navegarono in una sorta di baia su una delle piccole isole e approdarono di fronte a un folto bosco, e senza che ci fosse il minimo vento, tutte le vele vennero abbassate e la cabina aperta, così che potessero sdraiarsi e vedere le stelle brillare e le onde schiantarsi contro la barca.
La mattina si fece luminosa, il sole splendeva, e tutti si alzarono in fretta, persino il povero gatto, che non aveva dormito affatto in tutta la notte, a causa del dondolio della barca. E ora i pappagalli vennero liberati dalla gabbia e il bambino rideva, perché gli uccelli rossi e gialli volavano attorno alla sua testa, saltellavano sulle sue spalle e beccavano le frange del suo vestito e il pizzo del suo colletto.
All’uscita dal folto bosco ombreggiato, sentirono canti e fischi; e dal sentiero che percorrevano giunse il suono di una canzone simile a un flauto e il docile mormorio di un coro di uccelli. Proveniva da una scuola di uccelli dove tutti gli uccelli venivano insegnati a cantare e volare. Sotto rami pendenti, su corde fatte di forti legature di canna spezzata, si trovavano uccelli grandi e piccoli di ogni dimensione: l’allodola con la cresta, l’usignolo con la sua dolce voce, il galletto con la lunga coda e la testa blu, il bellerin dorato, il pescatore melodioso, tutti curiosi e felici di vedere un uccello con un piumaggio così diverso entrare tra loro.
Ora era apparso il maestro degli uccelli con la penna e lunghe ali, e la lezione iniziò. Prima di tutto l’allodola provò la sua voce e scricchiolò come un violino che non era stato ben accordato; poi il corvo scricchiolò come se fosse stata una festa di buffoni; e alla fine il canarino con la sua dolce voce cantò della rosa, la canzone preferita dall’usignolo. Allora tutti gli uccelli iniziarono di nuovo le loro lezioni.
Paula non sapeva cantare così dolcemente; la sua voce era molto rauca e continuava a prendere tutte le note un tono troppo alto, il che non suonava bene; ma poiché non sapeva cantare bene, così anche non si sentiva né si comportava come gli altri uccelli; era tutta dissonanza, e questa era la natura del vecchio maestro degli uccelli che non le permetteva mai di cantare né di tenere il tempo con gli altri. Egli disse: “Puoi solo saltellare su una gamba, e questo non solo fa ridere tutti gli altri uccelli, ma impedisce l’armonia, e tutta la scuola ha regole in cui un ramo dell’albero non può essere contro l’altro.”
Paula si allontanò all’interno dell’isola, perché non era felice; nessuno voleva vederla, e gli uccelli sui quali era volata un tempo erano felici e danzavano di gioia quando l’aquila merlo gridò: “Ci sono piume per un pacco.” E Paula tornò piangendo nel bosco, dove era umido; gocce fredde cadevano come perle dalle foglie su di lei; non voleva lasciare l’isola, perché desiderava vedere il mare; ma quando doveva, occhi marroni la guardavano e le dicevano, “Coraggio: vola con noi per tutta la strada!”
Ma Paula aveva paura di volare sopra l’acqua; le sue ali si sarebbero stancate, non era abbastanza forte. Ma gli occhi la guardavano di nuovo con serietà, e lei si decise e volò insieme agli altri, con il suo piccolo cuore sul punto di scoppiare dalla paura. Andò sempre più lontano; non aveva mai visto nulla di così vasto prima, e si girò indietro a guardare la piccola isola verde che presto divenne più piccola finché non sparì. Anche il vento si era alzato lungo tutto il tragitto, eppure i suoi compagni rimasero in silenzio; non dovevano parlare.
Poi ci fu un vento molto diverso dal lato destro, e le piccole onde cominciarono a sollevarsi, divenne sempre più tempestoso, e alla fine la pioggia iniziò a scendere; il fulmine crepitava; il tuono ruggente si infrangeva, e animali e uomini giù nella barca giacevano tremanti e gemendo; il marinaio si teneva forte all’albero maestro. Si fece buio, come se tutti gli occhi fossero stati spenti; tutti si tenevano ben stretti alle corde: un rumore terribile, acqua, più acqua; tutto era perduto! Niente era perduto! Era la voce del bambino che chiamava sopra il rumore del vortice delle onde e del vento: “Non è così terribile; non dimenticate di dire la preghiera del Padre Nostro!” Paula si aggrappò a una corda della vela e recitò la preghiera: sembrava così simile alla tempesta, ma così diversa, ancora più bassa; la nave si girava e si voltava. Era vicino al punto che tutta la speranza sarebbe svanita se Paula non si fosse aggrappata all’albero maestro. E ora sentirono una voce che chiamava: “Coraggio! Potete saltare tutti in acque da noi verso la riva! Solo tenetevi forte!” E tutti i marinai e l’intero carico saltarono dalla nave, e con le loro merci naufragate galleggiarono con mille cuori tristi nel cupo mare tempestoso.
E ora api e alcune rondini, mentre svolazzavano e si libravano per un po’ sopra la testa della vecchia signora, sollevarono in alto il bambino che nuotava bene, senza fermarsi nemmeno per Paula, verso la riva. I naufragati furono accolti con gioia dal villaggio! Il vento divenne più calmo, il tuono e il fulmine divennero più lontani e le nuvole nere si allontanarono. Il giorno dopo, all’orlo della foresta, vicino al villaggio, una piccola lingua bianca di fiamma danzava: proprio davanti a una casa di un boscaiolo, e sopra di essa in un melo sedeva Paula, e diceva: “Cosa c’è? Dove ora?” E si rivolse a Hia, un piccolo rettile amorfo verde.
Il bambino, la vecchia signora e Paula si trovarono in una casa piuttosto grande costruita lì sul luogo dove la nave si era spezzata, e che era destinata a loro. La scuola era chiusa; anche Paula si trovava nella casetta nel piccolo bosco che ora veniva intonacata; ma mai fu un bagno più gradito quando con il suo corpo pulì le ali da tutta quella vernice.
“Quanto sono felice che ora tutti siano diventati come me!” disse. “Ora sarà divertente nelle lezioni!” E quando questa famiglia di piume, l’usignolo, il bellerin, il corvo, venne volando sopra di loro per controllare i loro vestiti e essere gentili con lei, e per rivedere la scuola, e tutto era un pappagallo là; qualcosa doveva essere accaduto. Si dimostrarono tutti così concordi nell’anima cantando e tenendo il tempo che l’aquila nera gridò: “Coraggio! Coraggio! Potete volare tutti!” E volarono verso la loro casa del nord; ma Paula, abbi coraggio, solo lavarsi e spazzolarsi e si grattò tutto a posto.