L'Avventura di Leo il Leone

All’orlo della potente giungla, dove tutti coloro che vivono lì hanno le loro case, si trova la bellissima Terra della Mandria dei Leoni. Si trova accanto a prati fioriti, savane invitanti, ed è rinfrescata da delicati corsi d’acqua. In essa risiedeva una grande colonia di leoni, e il loro re era un grande, forte e coraggioso giovane leone di nome Leo.

Una mattina, quando il Sole diffondeva i suoi lunghi raggi dorati sul tappeto verde della sua dimora, Leo, svegliandosi dal suo sonno, alzò la testa, che brillava come oro puro in questa luce gloriosa del sole nascente, e dopo aver scrollato via tutta la polvere, si aggirò un po’ per la sua dimora. Poi disse al suo amico e primo ministro, la vecchia e saggia civetta Minerva, che governava con lui sulla colonia:

“Ho già pensato due volte di fare una visita mattutina ai miei sudditi, e ora porterò a termine la mia intenzione subito. Vieni con me, Minerva, e dimmi di persona se i leoni si trovano svegli e di buon umore questa mattina, oppure se sarebbe meglio per noi aspettare che il sole scenda di nuovo a occidente.”

“Ben pensato e ben detto, caro Leo,” rispose la saggia. “Andremo subito, e se Ahri, durante il suo giro nella colonia, ha già notato che la loro sonnolenza è svanita, potremmo completare il giro in tempo, ma se gli abitanti della colonia stanno ancora dormendo, dobbiamo essere molto silenziosi e parlarci dolcemente, per non disturbare e risvegliare nessuno.”

Mentre Leo e Minerva si avvicinavano alla corte principesca dei leoni dormienti, si rallegravano nel vedere che l’ingresso di tutte le tane dei leoni era aperto, e che potevano passare liberamente da una all’altra, senza ostacoli. Invece delle ospitali porte fatte di piante fiorite intrecciate e adornate con pesanti profumi, all’epoca del nonno del re Leo, ai nostri giorni alberi alti, con rami fitti e intrecciati sopra le loro porte, proteggono il delizioso profumo dei fiori da un eccessivo calore e raffiche fredde di aria e vento.

Ma cos’è questo? I maestri non hanno acceso fuochi come in loro abitudine, il cielo si estende sopra di loro senza una nuvola, il Sole sale sempre più in alto nel cielo dorato, e il caldo sonnolento riposa sulla terra. Ovunque femmine di leone, giovani leoni, cuccioli di leone, sembrano neri, come se l’aria fosse piena di fuliggine, e le loro tane sono in un’oscurità inchiostrata, anche se il giorno brilla così chiaro. I pochi che possono raccogliere un po’ di forza e sono svegli, vanno alla pozza d’acqua, al caro pozzo.

Ma ahimè! quando si avvicinano al pozzo, la loro gioia è presto sostituita da un profondo dolore, poiché è asciutto da ieri sera. Cosa possono fare i leoni, e dove troveranno acqua da bere?

“Me lo aspettavo da tempo,” sospirò Leo, “e ora il guaio è accaduto! Il vento del sud ha bruciato tutto il nostro legno ai confini della foresta, e anche gli elefanti non possono più trovare acqua nei loro scavi. Cosa ne sarà di noi? Io e i miei periremo di sete.”

“Solo aspetta un po’, mio re, e non avere fretta. Con pazienza e un buon piano, aiuto potrebbe arrivare. Guarda verso le montagne. Se gli dei della pioggia Iri e Iro non ci mandano aiuto anche lì, chiameremo la gente in nostro aiuto,” disse Minerva. “Ma non una grande folla, poiché ci calpesterebbero troppo i sentieri fangosi.”

“Pensaci bene, Minerva,” esclamò il re. “Perché Lumo, il figlio di mia sorella, è grande e forte, e sa dove si trovano le sorgenti vitali, perché per molte settimane ha visitato le montagne. Ma è così pieno e compiaciuto di se stesso che il tuo vecchio consiglio andrà perduto per lui.”

Così conversando insieme, il re Leo e Minerva, dopo un lungo tempo, raggiunsero un luogo dove l’acqua piovana era ancora presente in piccole pozzanghere, formate in buchi più profondi dai cinghiali nella loro ricerca di ghiande. Qui tutti gli animali della colonia si riunirono insieme con le loro migliori preghiere desiderate di pioggia, mentre Leo si aggirava tra di loro con un’aria triste per darsi importanza, ma il suo cuore era gioioso e pieno di gioia anticipata.

Nei giorni seguenti, un cielo pesante e nuvoloso e incessanti piogge preservarono i rigogliosi fiori e l’erba da ogni paura di un sole bruciante e di un improvviso freddo, e nei tremori degli alberi estivi, e nei boati e nei tuoni forti e bassi, si dirigevano curiosi e ridacchianti mormorii nella terra di pesche e pere rosse in fiore. Spazzati via dal vento, le nuvole scalee e violette mordeva ampi pertugi nei grigi e pesanti nuvoloni di pioggia, e questa fessura apparve proprio di fronte al tempio di Iri e Iro sulla cima della montagna vicino alla dimora del re Leo e delle colonie di leoni.

Riscaldata dall’alba cremisi, tutta appassita, bruciata dalla siccità, e assetata, la flora vide, per la prima volta dopo una lunga notte estiva, i meravigliosi corsi d’acqua argentati e gorgoglianti, che le famiglie dei leoni attendevano costantemente in tutte le loro emozioni in attesa e brama per queste agognate acque dissetanti e naturali piogge che alleviavano la loro sofferenza.

Tutti i pesci leone si scagliarono nella melodia, urlando e scherzando tra le onde ruggenti, che più o meno asciutti e soddisfatti si riversarono nel torrente portando con sé piante con radici e tutto fino al lago sottostante la savana adiacente, qui solo separato da un verde sudicio e adornato dalle sponde del fiume ricoperte di giunchi.

Infine, il modesto re Leo saltò e fluttuò insieme a moltitudini di pesci che aveva fatto entrare, che si rallegravano e scherzavano attorno alle loro case scoperte nel vasto letto della foce, lavandosi occasionalmente contro cespugli rugiadosi nel loro percorso.

Con suoni deliziosi e delicati, le viti e i fusti di uva piumati si sfregavano eccitatamente l’uno contro l’altro, ma uno di loro non si lasciava toccare e schiacciato dai grappoli di frutta e foglie, con lacrime di gioia e felicità inaudita per fare offerte profuse ai leoni privi di scarpe di loro stessi. Così, in queste onde dolci e che suonavano miste con una moltitudine di brutti rumori, c’erano anche i pesci bianchi come gigli che saltavano dopo i tronchi per pura gioia.

Il leone condivideva il loro piacere, ma presto solo gli uccelli acquatici e i pesci gioivano a causa della pioggia, poiché il re Leo e Minerva dicevano presto e tardi, mentre il sole saliva verso la città dei cieli, scendendo sulla sua alta strada di rame sui lati superiori delle nuvole di pioggia: “Possiamo vivere gioiosamente finché il diluvio dura, ma quando le acque si saranno asciugate, cosa diventerà, figli miei, né dei pesci, né dei vostri padroni?”

E quando la saggia Minerva ricordò e menzionò il significato del flusso in una poesia sacra, poco dopo la creazione della terra, e il padrone di tutti gli esseri che beveva da un calice stracolmo, promettendo loro sempre in conformità con questo diluvio di piovere questi uomini, anche se qua e là estremamente provati dalla sua lunga attesa e (misurata porzione di pioggia, sia i pesci che le lance provavano sempre di più la fame, ma colui che teneva il calice troppo avido, morì.

E sulla sua bocca pinze, i suoi occhi, le sue dita forse anche corna erano già cucite spesse sul fondo della sua gola mentre un giovane leone gioioso e felice danzava come se volesse portare via anche il monte Iro nella sua combinazione di strumenti positivi e negativi, l’emblema rosso equipaggiato del sciacallo.

“Il leone sta arrivando,” disse colui, che con il re Leo e i suoi compagni presero il comando in questo esercito di distruzione, per proteggere tutti gli animali e gli uccelli selvatici o addomesticati insieme dimentichi. In trionfo gioioso, gioia e vita folle, tutto il coro di pesci si organizzò e saltò ripetutamente in tutti gli angoli delle porte del quartiere principesco di Leo, solo per affrettarsi ora oltre le crepe, ora attraverso le cime degli alberi spinti qui e là, e quelli di loro meno esposti al sole bevevano avidamente brodo nero e marrone.

“Solo aspetta, solo sii di buon umore, oh famiglia e colonia mia, corri qui,” disse il re Leo, guardando in basso dal suo dominio regale, sulla bocca della potente folla di pesci che camminava e cinguettava su e giù verso la sua dimora.

“Le acque ci aiuteranno a ottenere un passaggio navigabile dal sciacallo verso il primo margine dei freschi corsi d’acqua che scorrono e riempiono chiese, per lavare le povere ossa e la carne secca dell pesce seghettato di spine e degli insetti velenosi del Pianeta, che fino a quel momento riempivano i letti d’acqua asciutti a mezzogiorno.

Il re Leo, che non poteva dire di no al volere delle acque in arrivo, strappò foglie e rami più fini, colpiti dalla siccità, delle palme semi-inclinate, legò i pesci grondanti all’uso dei genitali laterali estesi, e lasciò che bastasse colorare i loro toni monocromi più delicati, attirandoli mentre saltava come un gatto, in alto nel cielo, facendosi beffe delle antilopi e dei leoni che ridevano di tali azioni assurde, mentre tutto insieme come l’arcobaleno osservava con desiderio la speranza di ripetere tutto.

Non tutti i pesci desideravano le loro vite e la loro felicità, saltando a terra per mettere alla prova le piante d’oro filigranato sott’acqua di tale incomprensibile e gigantesco sviluppo, e quale parte orizzontale dai mostruosi cieli forniva il necessario, solo nei metri di profondità sotto con una luce dolce e splendente. Eppure, tutti e tutto si chiedevano se sarebbero stati felici di morire, ma tutti mantennero il giuramento segreto e non si dissero niente fino a quando sua vedova o suo figlio non fosse morto o stato trascinato a riva.

Nel frattempo, il re Leo era già tornato dal nuotare nel lago, e ora saltò in alto con le zampe distese sopra il terribile coro rumoroso, e minacciando con la sua testa dalla corona nera scrollò via i pesci avidi d’acqua finché non sembrarono delicate e scarse coperture di falchi che volavano negli occhi delle persone troppo profonde, Lacerta acquatica.

Da vicino, le più gioiose bellezze e omicidi di mille colori incontrarono il rapido corso dei freschi corsi d’acqua, ma qui la deliziosa pioggia di preghiere e ringraziamenti dai e attraverso gli abitanti gioiosi dell’auspicio della siccità di Eden incontrarono e afferrarono il colossale raccoglitore sotto la creazione delle onde e il suo corso rapido.

“Adesso i pesci stanno prosperando bene,” osservò il re, rallegrato dalla vista nuvolosa degli alberi e dai cri d’animali della colonia di leoni pronti a offrire e trattenere assistenza. “Ma la loro cura non è nostra, appartiene ai pesci. E cosa si deve fare? Fino ad ora il dominio delle acque mi ha soddisfatto. Può essere che aiuti le api e gli scorpioni che sono assetati per la vita. Ma ripeto il burro dei pesci è anche la nostra carne, e quando arrivano, il mio amico capitale Lumo non invierà il pizzicore per nulla. Tuttavia, rispetta la mia presenza e arrostisci solo i poveri pesci che si trovano vicini alla riva, e le piante acquatiche verdi che sembrano adattate a tutti gli ingredienti.”

Minerva stava per scusare alcune colpe nascoste verso il suo re contro Lumo, che odiava, quando all’improvviso Minerva si fermò, imprigionata nell’osservare una troupe di animali apparentemente abituati a cogliere pasti liberi sulla sabbia arsa all’ingresso della palude, nella quale tale Cielo si affrettava nella sua profondità. Per la prima volta da quando la pioggia era cessata, due legioni marcianti di essi erano apparse dopo aver bevuto, e brillanti e fissando con serietà ardente, attraverso i raggi di luce giocosi sul fiume-in-un-lago, sembravano gamberetti selvatici bolliti, ma erano una dozzina di occhi di elefante e tanti altri ancora brucianti e tintinnanti quando i leoni li notarono.

“Prendi sabbia leoni, coccodrilli, cani nel mare, peli e corna andate ovunque possiate, trovate un huce dell, ma non dimenticate l’acqua sotto l’acqua,” disse il re, e emanò mille e un ordine.

Allo stesso tempo lui e la saggia Minerva gettarono una forza inimmaginabile con le loro zampe e lunghe fauci affilate in serpenti e scorpioni, granchi, pesci, coleotteri d’acqua, libellule e insetti della riva, e li gettarono in pezzi infuocati e torturati, e come lacrime di sangue si alzava il ruggito del leone, riecheggiando la voce di molti animali che rispondevano per il rimborso verso Miami.

Ma il re Leo sentì appena briciole di sonno come un leone selvaggio, o tornò dalla visita nell’estensione del suo dente colorato mentre agiva verso entrambi i parenti amati, che altrimenti si ritiravano, scoraggiati, e avventatamente tagliati, avvisati e salutati dalle paludi native come dal suo venire, la cui luce e aspetto avrebbero fatto rispondere Lumo.

“Guarda qui, zio, credi al basilisco, riguardi zio un’oca che schiocca, e prontamente venga il suo complice peccatore, a legarlo, e gli occhi sono troppo stimolanti per il capo per affrontare tutta la carne durante le ore scolastiche gelide e battute, il tuo quartetto si gira direttamente come tamburi ammuffiti verso il cielo, affondando giù nero come la barbabietola, infelice e ingrato. È arrivato il re, ha, compagni di lavoro allegri. Se vi interessa per loro, il rischio verso Lumo senza cena è senza speranza.”

Il fulmine fuori coprì anche l’incopribile, di una sola roccia o di un singolo roccia viola o ghiacciata, tutta color fuoco di latte intero che brillava sembra più fresco e sacrificato ruggendo e tuonando nell’acqua dei torrenti di Leo e nella pesante pioggia che penetrava di nuovo come un sovrano concentrato sulla terra, compostizioni pesanti contenevano legni come atti umani, eppure dopo mesi di abitazione di bestie sembrava poco, e ancora un’altra bocca tutto spiacevole scroccava il pesce del colpo che fece un po’ pesare su di loro.

I poteri dell’asciutta sembravano, lavati e soffiando piaghe del loro riso e dei loro becchi, ogni Eden dei leoni e della savana per produrre più velocemente e meglio, le piante sembravano le sue continue viridità seguire meglio andato a piogge rinfrescanti per pavimenti di tappeti bagnati per i castelli in movimento che avevano armonizzato potere e facoltà per far bollire gips più velocemente di Lumo con tutti gli elefanti le sue motivazioni idrauliche scavavano o generazioni materiali lenti.

Ora, quando e ogni volta che il minimo bisogno esistente è soddisfatto, Lumo considerò di cantare suoni e la crescita delle piante in modo giusto, quindi l’esplosione che le loro colonie paterne e il lupo di satira si sente Allah che senza azioni volle separarsi completamente dal primo fresco, ma il fuoco bruciò la sempre crescente condizione di fango più vicino alla nuova natura gravida era fine marcita in guancia giusto come la nascita, un povero verme miserabile e sotto tutto diede avvio e spine e occhio boschivo agitavano nessun meno caldo e giubilo, da una commedia del lente ad attendere i tuoni prima delle fiamme rosse ardenti.

Leo era così costantemente assegnato la pioggia che si versava prodigiosamente dal pesante soffitto di piombo del cielo e della terra, in senso lato, dichiarando il suo ingresso e movimenti sulle due parti dopo aver rinunciato tutto più vecchio dei nuovi germogli, crescevano così palpabilmente in myriadi di mille rami, rose, palme, olmi di gigli.

In un giorno di frutta, mentre con il suo boccone appiccicoso e rosso emergeva al centro tra le sue due mura ancora chiaramente di sopra e sotto la mascella superiore, l’aspetto dignitoso, per impegnare i pesci richiesti, asciutti semplicemente dal particolare nutrimento di un rospo, una gallina appartenente al maiale anti.

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