In una terra lontana, c’era una graziosa bambina di nome Luna, che aveva i capelli lunghi e bellissimi, dello stesso colore del grano maturo quando la luna brillava su di esso. Durante il giorno, Luna viveva in una casetta soleggiata con sua madre, ma ogni notte veniva nel giardino che apparteneva alla padrona di sua madre e si sedeva in una deliziosa panchina verde sotto una vigna sbiadita che cresceva sopra l’arco all’ingresso.
L’unica cosa che Luna desiderava era sapere chi fosse la fata più felice di tutte, e quale incanto le rendesse più felici. Chiese alla vecchia luna, che è così saggia e vede ogni cosa, ma essa non fece altro che sorridere. Questo non è un vero risposta, vecchia donna, disse, e se ne andò senza fermarsi a guardare le onde del mare, che mormoravano dolcemente mentre la marea si alzava.
Quella notte si coricò, desiderando ardentemente sapere chi fosse la fata più felice di tutte, e mentre dormiva sognò di vedere i raggi di luna correre verso di lei come piccoli angeli, per poi prenderla per mano e condurla nel suo giardino.
“Carissima bambina,” disse uno dei raggi di luna, “desideri davvero sapere chi è la fata più felice? Allora vieni con noi.”
Luna si trovò a fluttuare nell’aria al fianco del raggio di luna, e via andarono come il vento su campi, valli e fiumi, foreste e montagne, fino ad arrivare dall’altra parte della terra. Lì si librarono sopra grandi alberi che sollevavano ridicolmente le loro teste per scorgere le stelle, e sopra le colline verdi dove i fiori aromatici sprigionavano i loro bellissimi profumi nell’aria notturna.
E il luogo dove volevano andare si trovava in questo bellissimo giardino: il posto che Luna occupava per un’intera ora ogni notte. “Vedi quella adorabile bambina dall’altra parte del giardino che beve la rugiada da un fiore corallo?”
“Sì,” disse Luna arrossendo, “io sono simile a lei, ma lei è molto più carina.”
“Ah! ma se tu volessi volare per il mondo quanto lei, non saresti tanto dolce e bianca.”
Luna riprese a sognare, solo che questa volta era nella dimora delle fate, e vide la figura incantevole danzare nell’oscurità, diffondendo il suo dolce profumo in tutto il mondo, mentre dormiva in un mare di rugiada. Il sole sorse e Luna aprì immediatamente gli occhi, spostò la tenda e la vide alzarsi dal letto di fiori, ma stava pensando solo al dovere che doveva compiere: quindi sollevò bene il suo calice corallo nell’aria, affinché i raggi del sole potessero asciugare tutta la rugiada che vi era ancora dentro.
La notte seguente alla stessa ora, la piccola Luna tornò, ma questa volta non aveva sentito nulla riguardo la fata più felice del mondo. Si sedette ad aspettare che suonasse mezzanotte; poi tese le braccia verso il Cielo e gridò:
“Mina! Mina! graziosa fata, dimmi chi è la fata più felice di tutte voi!”
“Questo è proprio ciò che non posso dirti; devi cercarla.–Mina, esci.”
Un raggio di luna cadde nei capelli di Luna e li trasformò tutti in argento. “Ahimè!” esclamò, quando vide il suo aspetto nel piccolo specchio fatto di rugiada splendente. “Non sprecare più lacrime, sono troppo preziose per essere sprecate, apri la tua finestra e vedremo chi è la più felice di tutte le fate.”
Aprì di scatto la finestra, e Mina entrò, seguita da tutti gli altri raggi di luna—e tutte le stelle, che non avevano nulla per illuminarsi, ma erano scese sulla terra per aiutare a donare gioia.
E che scena gioiosa si crearono nella piccola stanza di Luna. I raggi di luna ricostruirono la terra, mentre le stelle danzavano e cantavano, esultando: “La più felice di tutte le fate è Luna, che crede che ognuno di noi sia il più felice e il più amabile. Ora dobbiamo volare verso tutti i paesi della terra per spargere la sua gioia.”