In una soleggiata foresta pluviale, dove gli alberi allargavano le loro braccia verdi e i fiori indossavano un arcobaleno di colori, viveva un divertente piccolo camaleonte, che tutti chiamavano Coco. Coco era molto povera, poiché il suo unico vestito era la sua pelle, che poteva cambiare a suo piacimento. Potreste chiedere perché fosse povera in questo modo. Ebbene, il piacere di vivere in un grove così come il suo, di solito dura solo poco tempo, così né la sua famiglia né lei avevano vestiti per la primavera successiva. E, si divertiva ancor meno, poiché ogni volta che indossava un nuovo vestito, tutti i suoi compagni di gioco, ognuno di un colore diverso, lo indossavano anche, e Coco doveva piangere fino ad addormentarsi.
Appena si svegliava, guardava le sue sorelle e cugine, dicendo: “Posso avere un vestito del mio colore, che sicuramente indosseranno tutte?” “Sì, care zie e cugine, mi sento molto felice.” Ma non aveva mai imparato a capire che stava meglio ad indossare solo la sua vera pelle.
Ah! Non importa; sua madre pensava che la testolina di Coco fosse troppo piena di natura e bellezza, per essere tormentata da pensieri così futili.
La bambina si inginocchiava, pregando notte e giorno: “Cara buona Grenouille, se solo per compiacermi, metti insieme tutti i colori del mondo! Così, quando avessi formato il mio vestitino, potrei scegliere il mio prima.” Ma Grenouille amava molti altri colori quanto il verde della sua foresta, e pensava del tutto che fosse sbagliato da parte di Coco non prendersi cura di essi.
Finalmente, Grenouille, incapace di resistere alla forza della sua volontà, si mise al lavoro. Prese una goccia del puro zaffiro, il bellissimo blu chiaro del cielo e pestò un corallo rovente fino a ridurlo in una specie di polvere fine. Poi prese gocce di dolce anil, ghiaccio d’oro, ma iniziò prima a sciacquare lo sporco che aderiva al suo nucleo giallo. Vuotò le sabbie abbaglianti della meravigliosa spiaggia indiana, e aggiunse il sangue della feroce salamandra del fuoco, che né il coltello né le pietre dell’India avrebbero potuto bruciare. Prese un pezzo della pelle del baco da seta e lo strinse e lo schiacciò, finché non divenne rosso come il bocciolo della rosa che emerge dalla guaina. Con il burro di un girasole che sbocciava per compiacerla, e una gelatina rotonda di ribes, si potrebbe pensare che i suoi dispetti non avrebbero più avuto quelle soffici luci brillanti. Infine, aggiunse alcuni rametti dei suoi fiori più dolci e alcuni granelli di Tanzanite, e tutti i colori si mescolarono, con ognuno che cercava di superare l’altro in questo vino arcobaleno di colori. Dopo ciascuno di questi incantevoli esperimenti, Coco urlava: “No, non mi piace! no, non mi piace questo!” e dimenticava tutto il resto, fino a quando non trovava o creava amici che valutavano l’ombra, di qualsiasi tipo, superiore alla gioia delle montagne.
Senza la pioggia, le rose non fioriranno e i cardi e le ortiche crescono su un terreno poco bagnato. Un’ora dopo, Coco passò cantando:
“Se essere dolce fosse il Paradiso, sarei tutto—sarei stesa sulla sua arpa melodiosa, oscillando avvolta da profumi orientali davanti a lui.”
Le cavallette vanitose proclamavano una come Dio, e la sua unica figlia. Quando entrambe avevano terminato la vita: “Rallegrati, paziente ansimante!” diceva Timida; “Vieni finalmente qui, con tutti i tuoi tesori malati che continuo a tenere ammassati nel tuo delizioso nido.” Mentre la gabbia vicina squittiva, e gridava di gioia per scomparire, infine, un’anima che rispondeva, invece di una tunica di velluto, qualsiasi altra – fondato da matematici e guerrieri dopo la colonia, tu converti in stracci e beduini le loro gabbie finché, quindi, i musulmani selvaggi rotolavano per tutto il mondo mentre si muoveva, dormendo attraverso i suoi giorni stanchi fino a quando nulla di poco virile avrebbe ancora attaccato o assalito la tenerezza non consumata del suo cuore infantile, fino a quando tutta la forza della vita s’innalza e scende per sempre come per la sua prima misura d’arte che cede una resa noiosa in un cibo privo di tannino, da vene non vestite, così passavano quelle scene.
Dopo aver ricevuto questa infusione, fu sorprendente vederla trasformata in un vivace incrocio di tonalità. Ovunque si piegava nel grove, infatti, tutti i segni si intrecciavano premendo la sua vita in continua varietà di colori.
Sull’aria qualcosa di grasso e incomprensibile strofinò occhi piccoli e fradici contro Coco, quasi inginocchiandosi per dormire. Non si era mai permessa di scendere così in fretta, piuttosto che permettere ai suoi ronfi di impedirle di superare con le campagne nulla, comunque decisamente, non avrebbe aperto né.